giovedì 17 febbraio 2011

Sergio Belardinelli e il segreto della mia felicità


E' curioso e straordinario insieme che una persona di sinistra sdogani e restituisca dignità e valore a concetti monopolio per anni dalla destra (e schifati da buona parte della sinistra stessa): inno, nazione, patria... Della grandezza di Roberto Benigni non voglio parlare: ogni parola risulterebbe banale. Dico soltanto che il suo "Fratelli d'Italia" cantato a Sanremo mi ha commosso e sono fiero di essere suo contemporaneo.
Tra le tante cose dette da Benigni, cito questa: "Se qualche volta la felicità si scorda di voi, voi non scordatevi di lei". Faccio il paio con un articolo letto oggi, su consiglio di Isabella. E' l'intervista che Antonella Mariani ha fatto su "Noi genitori & figli" a Sergio Belardinelli, docente di Sociologia dei processi culturali all'università di Bologna. Di seguito ne riporto le risposte, mettendo in neretto i concetti che mi sono più piaciuti. Di più, dico solo che leggendole mi sono reso conto del perché sono, perché sento di essere una persona felice: perché ho avuto la fortuna di incontrare persone che, amandomi, mi hanno trasmesso fiducia e gusto per la vita.

"Cos’è la pienezza di vita? È una vita riuscita, una vita che ha senso, che si conduce con soddisfazione, in cui si è contenti di esserci. Da Hanna Arendt ho imparato che lo scopo dell'educazione è quello di aiutarci a sentirci a casa nel mondo. Proprio così: sentirsi a casa nel mondo. È questo il dono più grande che ciascuno può ricevere, il dono che rende una vita riuscita e piena. Sentirsi a casa nel mondo prescinde dalle condizioni materiali in cui si vive, non dipende dalla ricchezza o dalla povertà e nemmeno dalla salute o dalla malattia. Si tratta di una condizione dello spirito che varia da persona a persona. La felicità non risponde a un protocollo, né è frutto di condizioni prestabilite. Non è un caso che spesso le persone più felici sono quelle da cui ce lo aspetteremmo di meno e che le persone più infelici sono quelle di cui avremmo detto: ha tutto per essere felice. In ogni caso, la felicità, la pienezza hanno a che fare con la capacità di dare senso alla vita e a ciò che facciamo. Credo che tale capacità sia in realtà un dono. Essa dipende dalla fortuna che abbiamo avuto di incontrare persone che, amandoci, ci hanno trasmesso fiducia e gusto per la vita. La mancanza di queste persone è il male della nostra società. Mancano sui nostri ragazzi sguardi attenti e amorevoli, mancano educatori che colgano dietro tante apparenti normalità gli abissi di solitudine in cui vivono molti giovani e adolescenti.
Un tempo era un dato acquisito che la vita fosse un dono. Dietro a questa affermazione c'era un patrimonio di cultura, nella quale trovava posto anche un forte senso di gratuità. In ultimo ciò significava che noi uomini non siamo responsabili fino in fondo di ciò che facciamo né di ciò che ci capita. Eravamo, in fondo, sgravati da tante responsabilità. Oggi invece si pretende di essere sempre padroni della situazione, in tutte le circostanze, perfino quando si tratta di mettere al mondo un figlio. È evidentemente una responsabilità sproporzionata alle nostre forze. Ecco allora che molte giovani coppie decidono di non mettere al mondo figli per un eccesso di senso di responsabilità. Non ci sono abbastanza soldi, non abbiamo ancora un lavoro sicuro o una casa adeguata, insomma meglio aspettare. E si rinuncia cosi a procreare. L'idea di autodeterminazione è forse una delle più controverse del nostro tempo. Apparentemente essa sembra un segno della grandezza dell'uomo, ma in realtà è un segno dello svuotamento di ciò che è più umano. Nella volontà di tenere tutto sotto controllo si gioca la nostra frustrazione più profonda, quella stessa frustrazione che spinge tanti uomini e donne a rivolgersi a maghi, chiromanti e fattucchieri. Non è tollerabile che io non sappia se supererò quell'esame o se riuscirò a conquistare il cuore di quella donna. E invece le cose più essenziali della vita non dipenderanno mai da noi, saranno sempre imponderabili, indisponibili. Pensare la vita, dall'inizio alla fine, come un dono significa anche essere consapevoli di questa indisponibilità sostanziale di ciò che conta per davvero. Io credo che la vita sia bella a condizione che ci si concili con l'imponderabilità, l'incertezza, che, oltretutto, sono anche le dimensioni che danno senso alla nostra libertà. Non c'è niente di più umano e più bello dell’imprevedibilità. Come un bambino che nasce è una assoluta imprevedibile novità, cosi sono le nostre azioni libere: un modo di rinnovare il mondo. Non a caso il più grande segno di speranza e di fiducia nel mondo è sintetizzato dalle parole con le quali il Vangelo annuncia la lieta novella dell'Avvento: "Un bambino è nato per noi". Ogni bambino, dovunque nasca, nasce per noi; rappresenta la novità che rompe la decrepitezza della vita, ridandole vigore".
Foto by Leonora

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