Strappo un foglio de La Stampa di ieri, per conservarlo. Pagina 21, titolo: "L'epidemia dei giovani narcisisti". Nell'articolo, scritto con mestiere da Roselina Salemi, si legge dell'allarme lanciato da Jean Twenge, una psicologa americana (c'è sempre una psicologa americana) della San Diego State University (c'è sempre una San Diego State University), che "ha condotto una ricerca su sedicimila studenti e li ha trovati malatissimi. I sintomi: arroganza, egocentrismo, scarsa empatia, materialismo spinto". Un altro studio (c'è sempre un altro studio) su trentacinquemila persone di varie età "ha dimostrato che oggi i giovani sono molto più narcisisti degli anziani" (ma va? Strano. Chi l'avrebbe mai detto che un ventenne si guarda più compiaciuto allo specchio di un ottant'enne raggrinzito come una pelle di daino?). I pareri nel pezzo si susseguono, dicono anche cose interessanti, tipo che il narcisismo s'accompagna sovente ad autostima, fiducia in se stessi e che le giovani generazioni sono figlie, oltre che nostre, delle trasmissioni televisive in cui il tronista è l'idolo. La frase che più mi è piaciuta è questa: "Il protagonismo, il presenzialismo, lo sgomitare per apparire, la capacità di manipolare gli altri sono considerati meriti ormai in tutti i campi. Il modello è quello del reality. Basta esprimere una personalità, avere un'abilità qualsiasi: raccontare barzellette, sedurre, far piangere".
Ripiego il foglio, penso a me, che da bimbo passavo minuti e minuti di fronte allo specchio. Non ero narciso, lo sono diventato dopo. Allora "realizzavo" di vivere, di essere "proprio io, soltanto io, Giorgio, sei Giorgio" guardando la mia immagine riflessa, come se fossi altro da me stesso, come se quello scrutare terzo fosse certificato di esistenza in vita. Mi stupivo nel trovare nei miei stessi occhi un essere umano, l'impronta di vita che distingue il vivente dal sasso. Non credevo di essere bello, non mi sono mai visto tale, sono sempre stato sinceramente spietato nel constatare i difetti e ho ammirato, senza invidia, chi consideravo esteticamente più fortunato. Ora guardo i miei figli compiaciuto, sapendo che la bellezza è bene prezioso quando volubile e che quella vera è legata non alla perfezione fisica, bensì allo stile, all'eleganza, alla fierezza, all'intelligenza, alla cultura, alla cura di sé, al gusto. Conosco ventenni perfetti senza un briciolo di fascino e ottantenni che seducono, con il solo sguardo (ma non ditelo al Silvio, che ha speso una fortuna in chirurgia estetica), così come donne senza una smagliatura ma ingessate quanto una statua di marmo e altre che con la semplice scelta di un vestito mi fanno restare ammirato.
Foto by Leonora
2 commenti:
ciao Giorgio,
ormai vivo a Bologna da 12 anni e non posso più leggere "fisicamente" la ProviNcia. ma tu mi fai compagnia.
da ragazzino leggevo gianni de simoni, lo prendevo un po' in giro, ma lo leggevo.
secondo me tu saresti perfetto per rinnovarne il successo, e l'affetto di cui comunque era circondato.
il tuo giornale pubblica i tuoi post? se non lo fa è un peccato. quello che scrivi e come lo scrivi piacerebbe anche a quelle persone che, per età magari, o analfabetismo digitale, non hanno la possibilità di leggerti on line. ed è un peccato.
un'ultima pedante cosa (mi perdonerai, purtroppo la frequentazione delle aule del vecchio Volta ti segna per sempre): sicuro su quei vent'enni/ottant'enni/smaliature ? - magari è un tuo vezzo).
con simpatia.
LUCA
Grazie Luca. Vent'enni è un vezzo, ma anche un errore. Smaliature è solo un errore. Ora correggo.
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