venerdì 18 novembre 2011

Cinquantenni sull'orlo di una crisi non solo di nervi

Alla fine è arrivata. Vicino a casa, accanto alla mia porta, tra persone che conosco da una vita.
Sto parlando della crisi. La crisi più subdola e pestifera che esista, perché non falcia tutti indistintamente, dimezzando il potere d'acquisto dell'intero paese, bensì toglie di mezzo donne e uomini pian piano, uno alla volta, mettendo in mezzo a una strada alcuni mentre per gli altri l'esistenza continua, meglio di prima.
Fra tutti coloro che devono caricarsi la croce in spalla ce n'è qualcuno che più di ogni altro paga dazio allo stillicidio di licenziamenti, dismissioni, contratti in scadenza, mancati rinnovi e chi più ne ha più ne metta. E' la fascia dei cinquantenni, coloro che sono né così vecchi da raggiunger l'età della pensione né abbastanza giovani da rimmettersi in gioco sulla giostra.
Prima ne conoscevo uno, poi due, ora sono diventati una decina. Uomini coi capelli sale e pepe e in molti casi un filo di pancetta, che per decenni hanno tirato la carriola, neppure immaginando di restare un giorno non lontano in mezzo a una strada, con figli ancora piccoli, un mutuo da pagare, la moglie che piange o si lamenta.
Prima di arrivare nel mezzo del cammin, in qualche caso erano riusciti a sbarcare il lunario, vivendo momenti di prosperità e gloria grazie ad attività in proprio. In qualche altro erano rimasti nei binari dell'onesta sopravvivenza, con un posto fisso e uno stipendio dignitoso, che permetteva di vivere non da nababbi ma neppure da barboni, farsi una casa, uscire ogni tanto a mangiarsi una pizza e andare una volta all'anno in vacanza.
Delle due tipologie, questa seconda è quella che meglio si adatta, perché abituata a una vita da formica, ma l'acqua si alza per tutti e in questi casi finisce per arrivare alla gola.
Chi invece è già immerso e affoga sono i primi, che neanche hanno la benzina di riserva e rischiano di restare tagliati fuori, passando dal benessere alla povertà nel giro di qualche settimana. Chi infatti li prende, chi li assume, chi offre un'altra opportunità lavorativa? Pochissimi, nessuno.
E' a loro che penso di più, ai cinquantenni che dovrebbero essere il ramo robusto di questa nostra società e invece non hanno più orizzonte, prospettiva.
I giovani se la caveranno appunto perché sono giovani e hanno fantasia, spirito di adattamento, energia, perché possono andare a ballare, addormentarsi alle cinque di mattina e svegliarsi due ore dopo ed essere freschi come una rosa.
Gli anziani sopravviveranno, pure tagliando loro un quarto di pensione, un po' perché appartengono a generazioni cresciute col gramo, un po' perché come certi orsi che vanno in letargo hanno imparato a rallentare il sistema fisiologico, moderando le esigenze e calibrandole al crepuscolo di vita.
Sono i cinquantenni a pagare più alto il dazio, è per loro che dovrebbe esser spesa dal nuovo governo un'urgenza. Sono cresciuti con "hai voluto la bicicletta, pedala" e ora sono troppo grandi per ammettere che qualcuno la bicicletta gliel'ha rubata, figuriamoci per rincorrerla e acciuffarla. I cinquantenni non hanno genitori che li possono accudire, né figli tanto grandi da essere indipendenti e dare una mano all'occorrenza.
O lo comprendiamo in fretta e troviamo una soluzione al problema o ci troveremo per la prima volta di fronte a una situazione mai verificata: la grande depressione orizzontale, che preserva la testa e la coda della nostra comunità minandone il cuore, falcidiando i più deboli, che paradossalmente sono quelli che fino ad oggi erano la parte più immobile, perché fatta di gente che si sentiva arrivata.

Foto by Leonora

1 commento:

cafecaracas ha detto...

Verissimo:ora i nuovi incollocabili sono i cinquantenni.Conoscenza e professionalita' da vendere ma eta' anagrafica elevata
p.s.parlo per diretta esperienza