Foto by Leonora |
E anche se così non fosse, se qualcosa di me (ad esempio questa pagina o questo blog o qualche articolo che scrivo sul giornale) dovesse per un caso trasformarsi in arco e solcare più tempo di quanto ora immagini, esso sarà soltanto una di quelle scintille che salgono dal falò o uno di quegli agglomerati di ghiaccio incandescente a contatto con l'atmosfera, che chiamiamo stelle cadenti aspettandole nel cielo proprio oggi, San Lorenzo. Brevi scie luminose, faville di notorietà e memoria che non potranno mai comprendermi né comprendere chi realmente sono, proprio come io non so nulla a parte il nome di mio bisnonno Giovanni o del trisavolo Giacomo.
Non sono triste per questo e neppure arrabbiato o malinconico. L'accetto. Unica tentazione di risposta semmai è proprio l'astenermi dal reagire, l'abdicare al ruolo che mi è stato ritagliato, farmi ancor più piccolo, anonimo, insignificante, quasi per fare un dispetto al destino, come per dire: "Mi vuoi burattino? Ebbene, muovi pure i fili del teatro ma non pensare che ti aiuti, che ti dia la soddisfazione di illudermi d'esser dio (perché soltanto un dio può sopravvivere a se stesso), che ceda alla vanità e mi metta a costruire castelli di sabbia convinto che sia marmo".
Perciò in queste settimane non ho scritto e avrei continuato a stare in silenzio a lungo se non fosse per l'esempio di tante persone che pur senza saperlo, senza le paturnie che mi faccio io, con i loro pensieri, con le frasi, con le parole sono per me consolazione e diletto. Ci pensavo proprio ieri, leggendo un tweet di @nina_mau. Non so come mai, ma quelle poche parole, che niente avevano a che fare con ciò che ho poco sopra scritto, sono state la scintilla per mostrarmi un orizzonte nuovo. Ho riflettuto e credo che il motivo sia questo: è vero, nulla è eterno, nulla sopravviverà a un tempo limitato, però qui ed ora ciò che realizziamo, ciò che scriviamo, ci permette di essere più contenti, soddisfatti, realizzati. Di vivere meglio insomma. Sono alla resa dei conti un dono, che facciamo a noi stessi e agli altri, un modo non per ipotecare il futuro ma per rendere il presente colorato.
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