lunedì 23 febbraio 2015

No alla pizza nei capannoni (fate obiezione di coscienza)

Foto by Leonora
Il bello si nutre di bello ed per questo che siamo fortunati, abitando un Paese che da millenni lo crea, lo custodisce, lo affina.
Poi sono arrivati gli anni Sessanta e Settanta - quelli in cui tra l'altro sono nato e cresciuto - con una crescita rapida e smisurata, Faust che ha pagato dazio al proprio Mefistofele, ricevendo prosperità in cambio del brutto. Non c'è città, paese, quartiere, appezzamento, borgo esente da palazzoni grigi, da rappezzi osceni, da caseggiati smunti e magri, dove il buon gusto non trova spiraglio nemmeno a cercarlo con il lanternino.
Le cose oggi sono migliorate, non v'è dubbio, non tanto per la qualità, visto che certi obbrobri tuttora spuntano, bensì per la quantità, molto minore rispetto al passato, vuoi perché il suole disponibile è stato in gran parte occupato, vuoi per la crisi economica che spingi a comprare con giudizio.
E allora? Qual è la morale di questo discorso scontato?
Questa: io nelle pizzerie e nei ristoranti piazzati nei capannoni industriali non entro.
Chiamatemi snob (non lo sono), ditemi che sono uno con la puzza sotto il naso (se ce l'ho, non sono stato io), ridete di questa mia forma personalissima di resistenza civica, additatemi come un Don Chisciotte del calzone farcito, però manterrò fermo il mio proposito.
Datemi una trattoria in una bettola, una pizzeria in un buco, un'osteria piazzata in un vicolo senza ombra di parcheggio per un chilometro quadro, una tavola calda in un autogrill della Cisa, un piatto e posate di plastica alla festa del patrono, un bar senza coperto e con le sedie malmesse, persino un fast-food in una casetta tipo Lego nel parcheggio di un supermercato e non proferirò verbo, accettando qualsiasi invito o portandovi io.
Ma se mi accompagnate in uno di quei locali ricavati in un capannone rettangolare, prefabbricato, specie quelli arredati dentro in modo da fingere che invece sia uno chalet di montagna o una raffinata terrazza con vista sul lago, dovrò congedarmi in anticipo.
Di bello ci si nutre e io lì non digerisco. Punto.
P.S. Dedicato ai tanti amici (uomini e donne) architetti, ingegneri, geometri, periti edili, maestri del lavoro, capomastri, muratori, manovali: fate obiezione di coscienza anche voi. So che è dura, con la crisi che c'è, ma la Storia di questo paese ve ne renderà merito.

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