sabato 10 settembre 2016

Padri e figli (Ascoltarsi in silenzio)

Foto by Leonora
Mi sei seduto accanto, in auto, e non ho bisogno di guardarti per vederti così serio, quasi severo. Io ascolto e tu non parli e nemmeno a tentarci riesco a immaginare i tuoi pensieri. Provo soltanto un bene prorompente, sterminato, una tenerezza tanto intensa da superare quella di quando eri bambino e malfermo sulle gambe giocavi a pallone, in giardino, o quando da neonato te ne stavi lì, quieto, addormentato sul mio petto. Ora al massimo capita di abbracciarti, cingere quel corpo fatto uomo, avvertire sul viso la barba ispida, mentre te ne resti in piedi, più alto e largo di me, un palmo. Talvolta mi scopro ad osservarti da lontano, mentre sei con gli amici, e ridi, sereno. Mi domando spesso se tu lo sia, temendo l'esistenza di un cruccio o, peggio, che il cuor contento che eri da piccolo si sia perso in questi vent'anni di strada, rimasto sfregiato dai graffi che l'esperienza riserva inevitabilmente all'essere umano.
La tua voce, bassa, profonda, pacata, irrompe improvvisa, uno squarcio, ma uno squarcio che cuce, che in un istante cancella e annulla tutto attorno e nel mezzo restiamo soltanto noi due, tu e io. Mi accorgo allora pienamente di quanto sei cresciuto, anche dentro, provo ammirazione per l'uomo che sei diventato, anche se resti un ragazzo. Ascolto i tuoi ragionamenti e mi viene in mente il mio, di un padre. Sorrido pensando che anche con lui funzionava così: io gli parlavo quando lui sapeva restare in silenzio, davo risposte a domande che non poneva, pesce che affiora a pelo d'acqua se nulla increspa la superficie, se il lago rimane placido, indisturbato. (L'esatto contrario di molte madri, che invece interrogano di continuo lamentandosi di non sapere mai nulla, di sbattere sempre contro un muro).
Ogni stagione ha i suoi frutti, sono appagato da quelli che mieto adesso, accorgendomi di essere sul culmine di un dosso. Mi commuovo facilmente (vedendoti allenare i ragazzini, all'oratorio, ad esempio, o per un complimento che ti riguarda e che mi giunge all'orecchio). Non credo tu sia migliore di altri, non ho mai preteso lo fossi, preferendo l'eccezionalità delle persone normali, che sanno mettere in fila ciò che conta davvero, imparando da ciascuno e insegnando a nessuno. Neppure provo preoccupazione per il futuro, conscio che percorrerai la tua strada, augurandomi unicamente che tu sia appunto sereno, sorridente, cordiale e gentile con chiunque, per primo e soprattutto con te stesso.

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