È una generazione di cui aver cura, quella che sta crescendo ora, cominciando da una narrazione che dia fiato, colore, orizzonte, spogliandola dalle incrostazioni che il benessere raggiunto porta con sé e che a noi adulti fa ritenere tutto «mai abbastanza».
Lo scrivo per coloro che hanno la mia età: togliamoci gli occhiali del pessimismo, del brontolio, della nostalgia per ciò che manca. Gettiamo i bilancini, quel misurare miserevole per cui da ogni minimo sforzo occorre ottenere la massima resa. Vediamo quanto di buono c'è, torniamo a sognare, a desiderare in grande, insegniamo con l'esempio che «esistere» è più importante di «funzionare», che ogni ostacolo può diventare trampolino, che gli interessi, le passioni, i sentimenti valgono quanto un tesoro perennemente a loro portata, come tutto ciò che dipende da sé stessi e non è concesso da autorità esterna.
Il futuro è una pagina bianca, tutta da scrivere, una tela su cui dipingere, non un drappo scuro da appendere alla finestra. E se abbiamo motivi di risentimento, delusioni, rabbia, frustrazione, paura, evitiamo di farcene sommergere e ricordiamo che anche nella fragilità c'è una forza, così come luce entra da ogni crepa (questa è di Cohen, non mia: e lui, in più, la cantava).
P.S. Michele Serra ci ha scritto un libro, di cui molti ricordano il titolo, meno la lezione che insegna.
In ogni caso, proprio per averlo apprezzato, di mio aggiungo che è un po' come per il gatto di Schrödinger: dipende dall'osservatore, dal momento in cui guarda.
«Sdraiati» stanno loro, ma né più né meno di quelli della mia generazione quando avevamo la loro età. E in più, a differenza nostra, hanno un'indipendenza di giudizio e un'autonomia ben maggiore della nostra nel scegliere la loro strada, nel non appiattirsi su modelli altrui, che invece noi ci siamo ritrovati appiccicati addosso quasi fossi una via obbligata.
Sono ottimista, è vero, ma lo ammetto: non mi costa nulla. Perché davanti agli occhi ho i miei figli e i loro amici, colleghi, compagni, ammirando le mille qualità che hanno, alcune delle quali fanno già da cerotto alle storture che lasciamo noi in dote e che partoriscono ansia.
Potrei citare mille esempi che aprono le porte alla meraviglia, episodi minuti ed eventi rilevanti che dimostrano quanto talento, bravura, sensibilità hanno i ragazzi di oggi.
In superficie possono sembrare superficiali, scostanti, apatici e perennemente incollati al telefonino, ma è un difetto (nostro) di osservazione, una mancanza di profondità dello sguardo che finisce con il distorcere la prospettiva.
Ciò non significa siano esenti da difetti o manchino eccezioni negative, tuttavia se guardo all'insieme ho per loro la stessa stima di quella nei confronti di chi ha ci ha preceduto, di coloro che uscendo da una povertà assoluta hanno costruito pezzo su pezzo il benessere di cui godiamo ora.
E quando sento dire che la prossima sarà la prima generazione a ricevere meno di quanto hanno a loro volta ricevuto, provo rabbia e istinto di controbattere. Poi però penso che in fondo è vero, anche se non nel senso economico, bensì per quella «speranza, positività, fiducia» che è la vera ricchezza a dover passare di testimone e che non merita di essere interrotta.

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