Sto finendo il libro di De Biase (“Economia della felicità”) che ho letto con calma e tra un paio di giorni scriverò cosa ne penso.
Intanto mi gusto questa domenica, fatta di impegni uno sopra l’altro, con nel bel mezzo, alle 12 in punto, il derby di basket tra Cantù e Milano.
Lasciamo perdere (e non è un verbo scelto a caso) il risultato, vorrei sottolineare piuttosto un aspetto di cui non mi capacito: l’insulto all’avversario.
Intanto mi gusto questa domenica, fatta di impegni uno sopra l’altro, con nel bel mezzo, alle 12 in punto, il derby di basket tra Cantù e Milano.
Lasciamo perdere (e non è un verbo scelto a caso) il risultato, vorrei sottolineare piuttosto un aspetto di cui non mi capacito: l’insulto all’avversario.
Ci deve essere qualche significato atavico o qualche tarlo nella mappa del cromosoma umano in colui o colei che per tutta la partita, con insistenza e pervicacia, con metodo e ostinazione, sbraita e urla contro questo o quel giocatore avversario o allenatore o arbitro o tutti e tre messi assieme, compreso mamme, zie, nonne fino alla quarta o quinta generazione. Magari è un fenomeno dovuto alla rabbia e alla frustrazione accumulata per tutta la settimana, che in tranquille casalinghe e madri di famiglia, così come in canuti impiegati, fa scattare una molla malsana, accecando ragione e ogni traccia di pudore. O forse, semplicemente, si tratta di stupidità e, come tale, è esentata dal dover fornire spiegazione alcuna: la si ha, punto e basta.
Da venti anni esatti, ormai, frequento la tribuna stampa del Pianella, alle spalle della quale ci sono le poltroncine numerate, e non ricordiamo una partita che sia una senza che qualcuno alle nostre spalle si alzi e riempia di contumelie un malcapitato. Spesso due o tre, addirittura.
Oggi, ad esempio, c’era una coppia che a Baldi e Coldebella, ex giocatori di Milano, rimasti in società in qualità di assistenti ala panchina, ha fatto pelo e contropelo, con toni da scimmia urlatrice e contenuti che avrebbero scandalizzato i portuali delle Cayenne, se fossero passati da quelle parti.
I cori dei tifosi organizzati, lo confessiamo, ci sorprendono meno, poiché il popolo spesso sa essere bue e nella massa anche i vigliacchi fan la voce grossa. Ci inquieta più l’improperio del cittadino privato (privato di tutto, specie dell’intelletto). Perché lo fanno? Non si vergognano? Se ne vantano, persino? Per le risposte, accetto di tutto - anche in forma anonima - tranne l’insulto. Per oggi almeno, le mie orecchie hanno già dato…
6 commenti:
Si hai proprio ragione! Urlano come se la partita fosse per loro di un'importanza assolutamente vitale da cui dipende il resto della loro esistenza! E' assurdo!
P.S.: forza Milan!
Voglio terrorizzarti. Dimentica un istante gli amici di Baldi-Coldebella alle tue spalle e visualizza il bambino-vecchio che invece è di fronte a te e che metodicamente si trasforma in un gargoyle-mangiarbitri rischiandol'invasione di campo.
Rabbrividisco!
Hai ragione, caro Giorgio, uno spettacolo veramente desolante. Mi inquieta assistere alle stesse scene nei campi dei professionisti come in quelle dei pulcini. Ad ogni livello, in ogni ambito della società.
"Sei arrivato primo anche (o perchè) qualcuno è arrivato secondo". Con questa semplice frase il mio vecchio allenatore di atletica ci invitava al rispetto e addirittura alla gratitudine per l'avversario.
Dai, parla uno che è stato cacciato da una conferenza stampa da un allenatore perché tacciato di averlo insultato in telecronaca (ancora non mi capacito..non del mio insulto inesistente, ma delle sue orecchie fallaci...ma tant'è)...Faccio outing, caro Giorgio. Perché in passato (per fortuna passato discretamente remoto) di insulti ho riempito il Pianella. Poi, un bel giorno, ho cercato di isolare la mia voce dal coro e ciò che usciva dalla mia anima mica mi piaceva...è stata un'illuminazione. Ai tanti lanciatori di insulti mi piacerebbe consigliare una canzone del primo Daniele Silvestri, "voglia di gridare":
"Ti è mai venuto in mente che a forza di gridare
la rabbia della gente non fa che aumentare
la forza certamente deriva dall'unione
ma il rischio è che la forza soverchi la ragione
Non mi devi giudicare male
anch'io ho tanta voglia di gridare
ma è del tuo coro che ho paura
perché lo slogan è fascista di natura"
Un'ultima riflessione prima di chiudere: ho avuto la fortuna di vedermi i Knicks al Madison, a New York...12mila anime tutte newyorkesi neppure un insulto, ma la sola, unica e pura voglia di godersi lo sport più bello del mondo. Ciao
Però i Knicks fanno ridere ;-)
Per fortuna io li ho visti contro i Suns e davanti a Steve Nash che recita anche il Madison non può che esplodere di gioia.
Da noi (al Pianella) son riusciti a far scappare Pozzecco che è venuto a gustarsi una partita
Credo che anche a Marco Miglia, come Paolo, sia capitato di assistere a una partita dei Knicks e lo choc al ritorno deve essere stato notevole. A proposito di Knicks (che sono, ahimé, la squadra dfell'Nba per cui ho una passione) ieri, parlando con Simone Giofré, ho scoperto che al college di Georgetown, famoso per aver avuto come allenatore John Thompson e come atleta "all stars" Patrick Ewing, ora giocano i loro rispettivi figli, ma mentre quello di Thompson é pure bravo, quello di Ewing fa arricciare il naso... Lo so, interessa pochi o nessuno, ma volevo dirlo.
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