mercoledì 1 dicembre 2010

La contestazione


Lavarsi la faccia e far cadere le gocce; non ripiegare l'asciugamani e lasciarlo appallottolato; mettere l'accappatoio uno sopra l'altro sull'attacapanni; far cadere le briciole dalla tavola; posare i gomiti e le braccia sul tavolo, mentre si mangia; non riporre tazze e tovagliette dopo colazione e merenda; disseminare e abbandonare le scarpe sulle scale e i vestiti per casa; non spegnere le luci; non chiudere la porta d'ingresso... Do un taglio alla lista, che se ci pensassi un minuto sarebbe assai più lunga. Ebbene sì, appartengo alla lista dei genitori rompiscatole, anche se non sono mai stato un precisetti e ricordo perfettamente gli sbuffi di quando ero un bambino io e venivo ripreso a mia volta. Dev'essere una ruota che gira, anche se spesso a girarmi non è la ruota. Appartengo a una generazione che non ha conosciuto contestazioni. Appena nato nel Sessantotto, troppo piccolo nel Settantasette, ho vissuto al liceo quella che delle turbolenze di quegli anni era ormai la coda, sovente sfociata in pantomima (ad una delle poche assemblee d'istituto, allo Scientifico, dopo tre ore di verbosi ragionamenti - pippe, sarebbe corretto definirle - stavo chiacchierando con i compagni quando la ragazza di quarta o quinta che parlava si bloccò, preso uno sgabello di legno e ferro e ce lo scagliò addosso, urlando e inveendo). Per il resto nulla. Oggi vedo vent'enni che protestano, fotografie di ragazzi nascosti da un cappuccio, in mezzo ai fumogeni, frasi di fuoco indirizzate a questo e quel ministro... Soprattutto un ministro, la Gelmini, che dà nome a una delle tante riforme della scuola (da che mondo e mondo, non ne ricordo una che non fosse contestata, che non abbia fatto stracciare vesti a studenti e professori, che sia venuta da destra o da sinistra: ho smesso da un pezzo di dare credito alla protesta, a qualsiasi protesta sulla scuola, proprio per questo). Mi sono sempre domandato cosa sarebbe successo se fossi stato io genitore di quei ragazzi ribelli del Sessantotto, come mi sarei comportato, cosa avrei detto loro, come avrei reagito. Mi domando tuttora se un Sessantotto, un Sessantotto vero, tornerà mai, se capiterà che i miei figli appartengano a quel tempo, se contesteranno me e il mondo che ai loro occhi rappresento, se metteranno in discussione tutto, anche in modo violento. Do un'altra occhiata all'asciugamani appallottollato, in bagno. Resterà a lungo umido, messo così. La linea che distingue la pedanteria dal buon senso è sottile. Comunque vada, è scritto nel destino: rimarrò fino in fondo un borghese piccolo piccolo.

P.S. L'ultima frase è un omaggio a Mario Monicelli, che a novantacinque anni l'ha fatta finita gettandosi dal quinto piano. Per me invece rimarrà sempre affacciato a quella finestra di casolare, nel film "Il ciclone", con i ragazzini che lo salutavano: "Ciao Marioooooo"...
Foto by Leonora

3 commenti:

Wilma ha detto...

Non condivido le tue riflessioni: ben vengano le proteste, han sempre le loro ragioni, questa poi mi pare che ne abbia parecchie. Sono un operatore del servizio pubblico, ricevo pazienti, sento verso di loro anche la responsabilità di promuovere dissenso, come espressione di cittadinanza. Figuriamoci quindi se non la sento come genitore! Avanti alla protesta! Certamente che non sia fine a se stessa, che sia propositiva e che non diventi de-responsabilizzazione...

Girovaga ha detto...

Non credo che questa si possa ritenere una delle tante riforme...
Anche e proprio nei momenti di crisi si investe sui giovani, sul futuro, sulla cultura. Ben venga la protesta. Abbiamo dormito fin troppo!

Fede ha detto...

La situazione non è così chiara. Il mondo universitario non è unito, nella protesta; vivendo la situazione da dentro si percepiscono le preoccupazioni condivise ma anche le contrapposizione tra diversi pensieri.
Questa riforma non è totalmente deprecata dal mondo accademico; anzi. Chi non la vorrebbe affossata ritiene che possa essere una svolta davvero epocale, la posizione intermedia non c'è.
Che ci siano punti da rivedere è indubbio, e c'è tanta gente più competente di me che potrebbe elencare le lacune e le migliorie proponibili.
Tuttavia (a esser sincera) la mia personale impressione è che la protesta stia veicolando le informazioni sbagliate, o meglio: stia iniziando (forse ha già iniziato da un po') a veicolare i caratteri di una propaganda... Mi spiego: se si partecipa alle assemblee tenute dai ricercatori per spiegare le ragioni del dissenso, il punto su cui si martella è il taglio ai fondi di finanziamento. Il quale provvedimento non è contenuto nel Ddl Gelmini, bensì nel piano finanziario! Gli slogan, allora, sembrano totalmente fuori luogo: perchè protestare contro i tagli non è equivalente che protestare contro il Ddl; eppure è questa l'impressione che passa. Solo chi vive in prima persona ha un'immagine più nitida della cosa. Ma mi chiedo: perchè non ci dovrebbe essere la volontà di fare informazione corretta, da parte dei fautori della protesta? Perchè non si esprimono CON CHIAREZZA le ragioni del dissenso, senza ricorrere a slogan e uova - atteggiamenti che danno ormai l'impressione di protesta non costruttiva, non mirata a migliorare ma solo a distruggere, e di opposizione aprioristica? Perchè non si dice chiaro e tondo che alcuni problemi la riforma li comporterà sì, ma la vera ragione delle proteste è la sforbiciata ai fondi (cui ci si oppone non per capriccio, ma per serie motivazioni)? A cosa serve urlare "al lupo!" e inscenare funerali allegorici, e poi non esser pronti ad affrontare il lupo quando sopraggiunge sul serio?
Per quanto riguarda le generalizzazioni: gli studenti che protestano non sono necessariamente fuori corso e ultras convertiti alla protesta di piazza (ci sono anche quelli, ma...); ci sono anche studenti "veri". Incapaci di rappresentare il mondo accademico nella sua totalità, proprio perchè le correnti di pensiero sono diverse. In pratica, siamo giutni al punto in cui per evitare di prednere posizioni per una collettività, si lascia libera scelta all'individuo di manifestare o no, aderire alle proteste o pregare perchè la riforma passi...Ognuno è libero di stare dalla parte che crede. Da noi, a Como. Altrove, esistono ancora quelle pugnalate alla libertà di pensiero, di azione e al diritto allo studio (per preservare il quale pare che sarebbero in realtà ideati!!)che sono i picchetti.