martedì 15 febbraio 2011

Van De Sfroos, Sanremo e la Lega


Nella più triviale tradizione italiana, guardo la partita di calcio e il festival di Sanremo. C'è Davide Van de Sfroos, conosciutissimo dagli amici di Como e beatamente ignorato da quasi tutti gli altri, la cui latitudine residenziale è inferiore a Cerro al Lambro. Il Milan ha perso dal Tottenham, Van de Sfroos invece ha passato il turno. Lascio qui una nota, sulla globalizzazione, che è quel fenomeno spiegato così da un lettore de La Stampa: "Ho comprato una camicia di cotone realizzata in India pagandola nove euro, l'ho portata a lavare e mi hanno chiesto tre euro e venti: questa è la globalizzazione". Per me è anche assistere alla lite tra lo "squalo" Joe Jordan e Gennaro Ivan Gattuso, detto Rino, da Corigliano Calabro. "Parlavamo in scozzese" ha detto Rino, scusandosi per il fatto che se l'era presa con una persona più vecchia di lui, mettendogli le mani addosso. Al festival della canzone italiana invece non solo è andato in scena il dialetto comasco, ma nello spot per invitare a pagare il canone Rai c'era anche un prete che sposava due ragazzi, parlando in milanese stretto. Si vede che la Lega qualcosa a Roma combina: forse il pudore no, ma il folklore è salvo. E lo dico provenendo da una casa dove si è sempre parlato in dialetto (i miei genitori tra loro, mentre con me si sono quasi sempre rivolti in italiano), un modo di comunicare che adoro, perché rivela una cultura centenaria, troppo spesso dimenticata e di cui addirittura molti si vergognano. Credo che l'omologazione avvenuta negli anni scorsi, la cancellazione di tutto ciò che era considerato locale, sia stata un errore. Mi commuovo leggendo De Luca, quando scrive che parlare in italiano in casa sua era una legittima difesa, una forma di sopravvivenza nel magma di una Napoli amata ma città invadente. La clessidra s'è girata, l'italiano è diventata la base e forse è il tempo di distinguersi concendendo spazio anche al vernacolo, a una lingua che cambia di paese in paese. Purché non sia imposizione. Vedevo De Sfroos, che in casa mia - a causa dei miei figli - è un'istituzione e mi domandavo cosa avrebbero capito a Isernia, Latina, Firenze... "Gusteranno la musica - ho detto a Giacomo - come nelle canzoni in inglese". Mi è venuta in mente Maria Carta, quando appariva alla Rai e del suo sardo non capivo un'acca. Non ne comprendevo la ricchezza, era soltanto una noia e anche adesso, che magari ne apprezzerei le canzoni, quell'impressione resta un freno e una macchia. Certe cose non si possono imporre. Tra esse c'è la diversità, che come certi fiori pretende il giusto tempo per sbocciare ed essere gustata. Consiglio a tutti i fondamentalisti della Lega: siate dolci. Più che la spada di Alberto da Giussano può la penna. Anzi, la piuma.


Foto by Leonora

4 commenti:

Anonimo ha detto...

mi piace il tuo stile. questo post è meraviglioso.
il dialetto comasco sarà incomprensibile alla stragrande maggioranza dei telespettatori di sanremo ma, con orgoglio è approdato lì, a ricordarci la nostre radici, la musicalità di una lingua che ci appartiene.

Micòl.

andre ha detto...

io invece ho guardato le stesse cose in ordine inverso: festival e sprazzi di partita. Sarà ancor più triviale??de sfroos è poeta vero, e buon musicista, chissà che non sappiano aprezzarlo anche oltre frontiera!?!?! Vecchioni è un professore, in ogni senso e nella miglior accezione del termine; Tricarico è stonato come sempre ma stavolta ha una canzone carina, gustosa, intrigante. Gattuso invece si commenta da solo e non è una novità...La lega a Roma non resisterà ancora a lungo soprattutto se proseguirà a regger bordone al cavaliere; pessime credenziali...

Anonimo ha detto...

la musica funziona in tutte le lingue, e meglio di ogni altro mezzo lascia dei messaggi e permette la conoscenza di differenti tradizioni, sia a livello linguistico che culturale e folkloristico. Penso a de andrè, penso ai modena city ramblers, ai sud sound system oppure ai miei conterranei parto delle nuvole pesanti.. e vi consiglio un ascolto privo di pregiudizi e stimolato dalla cuoriosità. marica

Anonimo ha detto...

Van De Sfroos canta in dialetto come tanti altri, non ha niente a che fare con la Lega, anzi, chi conosce le sue canzoni più vecchie tipo La Fruntera e Poor'Italia se ne rende conto perfettamente.
Stupisce l'idiozia di chi lo erige a propria icona senza nemmeno capire che i testi delle sue canzoni sono esattamente l'antitesi del pensiero leghista. E dire che canta pure in un dialetto che un Lumbard dovrebbe capire..