giovedì 3 ottobre 2019

Elogio della commessa (Chi merita, davvero)


Aveva le lacrime agli occhi e non me l'aspettavo.
Lunedì era il suo ultimo giorno di lavoro, l'ho incontrata tra lo scaffale dei dolci e quello dei prodotti sott'olio, nel supermercato in centro Bergamo, dov'ero cliente abituale.
Ero. Da un mese con l'altro, con un paio di settimane di preavviso, la Unes di via Paleocapa ha chiuso. Indotti a lasciare - licenziati, di fatto - tutti i dipendenti, a cui è stato proposto un agile trasferimento a Sondrio, senza un euro in più dei mille, mille duecento in busta paga che prendevano.
Ma non era commossa per quel motivo la commessa che per quattro anni ho incrociato più o meno tutti i giorni, senza chiederle nemmeno il nome, scambiando qualche chiacchiera ogni tanto.
Aveva le lacrime agli occhi, mi ha confidato, per l'affetto delle molte persone che in quei giorni le avevano espresso dispiacere, vicinanza, affetto. "Davvero, non me lo aspettavo" ha detto, tanto che m'è venuto da abbracciarla, anche se materialmente non l'ho fatto, perché l'età mi ha fatto superare l'imbarazzo di dire le cose che penso, non la barriera fisica del contatto.
Non vedrò più lei, con il suo fare spiccio, senza mai un attimo di pausa (sistemava i barattoli di tonno o le scatole di dentifricio pure quando qualcuno si fermava a parlarle), né le cassiere bionda e bruna, con il trucco sempre spiccatissimo, la signora gentile del banco alimentare, così come il gigante che mi tagliava il pollo e consegnava il pane, ogni volta trovando lo spunto per una battuta o una sottile presa in giro. Così come non avrò più notizie di colei che più di tutti osservavo, incuriosito: una donna bassa, di spalle forti e sguardo severo, con un sesto senso per chi faceva il furbo, tenendolo d'occhio e affrontandolo a muso duro, con un fare da sceriffo, anche se il tizio era alto un metro più di lei e avrebbe intimorito Tyson.
Da martedì, con un po' di nostalgia, per la spesa ho cambiato punto d'appoggio, entrando alla Pam di Largo Portanuova, dove oggi ho notato una cassiera ragazzina che intuendo un movimento sospetto da parte di due giovani, s'è parata loro innanzi, intimando di uscire o di pagare ciò che avevano sottratto.
L'ho fatta lunga, per un concetto semplice: l'ammirazione per le moltissime persone umili che, in silenzio, a schiena dritta, fanno bene il loro lavoro.
"Il problema è che siamo lasciati soli, qua siamo in due e non sa quante persone insultano, gridano, aggrediscono" s'è sfogata, quando le ho fatto presente che un altro al suo posto avrebbe desistito.
In quel momento mi sono sentito piccolo piccolo e ho pensato che se l'Italia nonostante tutto va avanti, se il mondo ha il buono che ha, è perché migliaia, milioni di persone ogni giorno compiono piccoli gesti di educazione, senso del dovere, rispetto.

P.S. Non conosco il signor Unes o la signora Pam, non so neppure se esistano, ma certo ci dovrà essere un uomo o una donna che siede sulla poltrona più alta, che prende decisioni, che guadagna molti soldi e dà profitti a investitori che neppure si pongono la domanda sul dove e come provengano. Ad essi vorrei dire che vale la pena ogni tanto scendere da quella poltrona e andare a stringere la mano alle persone che alimentano la loro fortuna, andando oltre il corrispettivo del denaro che ricevono.

P.P.S. Ho raccontato un episodio, l'elogio è per un intera categoria, fatta di addetti alle vendite,  commessi e commesse, di supermercati, negozi, centri commerciali e pure al personale di servizio in bar e ristoranti. Non voglio lisciare il pelo a nessuno, quanti mi conoscono sanno che sono genuino. Tra loro ci sono, come in tutti i greggi, anche le pecore nere, chi ha nella schiena una canna di vetro e chi si approfitta del buon cuore dell'altro. Per la maggior parte però sono persone che fanno un lavoro arduo, senza un reddito alto, con orari di lavoro dilatati, spesso nei giorni di festa, quando tutti gli altri rimangono in famiglia o si dedicano agli svaghi o al riposo. Non sono martiri, né eroi, ci mancherebbe altro, però meritano ammirazione e soprattutto rispetto. Ricordiamocene quando ce li troviamo di fronte e comportiamoci come se fossimo noi al posto loro.

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