Se mi concentro sul motivo per cui avviene questo piuttosto che quello, a me e non a lui, a loro e non a noi e viceversa, mi ritrovo in breve sull'orlo di un abisso. Scuro.
L"accettazione è compagna fedele, oltre che indispensabile, di ogni essere umano: c'è chi la tiene - o sembra tenerla - placidamente per mano; altri la portano come zaino che piega la schiena, ribellandosi agli eventi infausti, cercando di scrollarseli di dosso, puledri bradi a cui per la prima volta vengono imposti giogo e basto.
Neppure l'immagine della ruota che gira, pur percependone il seme di verità che contiene, mi acquieta del tutto, troppo vaga e lontana dal senso di equità imposto dalla ragione, il monumento al quale vorremmo si piegasse tutto.
Invece di certo e ragionevole c'è nulla o poco e per quanto riguarda i fatti salienti della vita restiamo gli stessi che mettevano piede fuori dalla caverne, migliaia di anni fa, egualmente nudi e piccoli e fragili, sentendoci Dio appena la porta si spalanca su una stanza in cui entra il sole, mentre quando l'anta si apre verso un locale buio ci ritroviamo sgomenti, impauriti, costretti a stare fermi o procedere a tentoni, senza sapere neppure chi siamo.
P.S. Poi ci sei tu. Oggi finito per l'ennesima volta sotto i ferri del chirurgo e a cui è toccato in sorte un fardello che a soppesarlo da fuori schianterebbe un orso. La dignità con cui lo affronti, la capacità di non far ricadere sugli altri paure ed angosce, mi lascia ogni volta ammirato, consapevole che stai dando a tutti noi una lezione, con lo stile che ti ha sempre distinto, silenzioso e calmo.
Mi ripeto spesso che ciascuno di noi ha spalle più larghe di quanto appare. Tu di più. Ed è per questo che mi verrebbe da scrivere che per la nostra famiglia sei un pilastro, ma non è così: per noi sei più albero, poiché non soltanto sostieni ma metti anche seme, così che altri possano crescere e un giorno a loro volta sostenere il peso che abbiamo.
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