domenica 4 ottobre 2020

Noi no (Accettiamolo)

Se non lo vedessi con i miei occhi stenterei a crederlo.
Non perché non mi fido di chi lo riporta, bensì per com'è distante da ciò che sono, che provo, che sento.
Parlo dei "no" e di quanto siano difficili da accettare.
Cambiano le frasi, non il copione di molte conversazioni specialmente sui social, con un approccio che dapprima blandisce in modo suadente, cerca di fare breccia, salvo poi precipitare in aggressività, offesa, volgarità, dileggio, appena si intuisce che dall'altra parte non c'è interesse o, peggio, un rifiuto.
E non importa il garbo, la delicatezza o la schiettezza del "no" ricevuto.
A mandare fuori di testa, a far perdere ogni contegno è il "no" in sé, inaccettabile, quasi fosse un'umiliazione nel profondo.
Faccio un esempio concreto, così chi non ha idea di ciò di cui sto parlando può comprenderlo.

Lui: "Complimenti, sei stupenda".
Lei: "Grazie"
Lui: "Single?"
Lei: "No"
Lui: "Peccato ah ah"
Silenzio
Lui: "Dici che posso invitarti lo stesso per un drink o un'uscita? O son troppo giovane e per questo mi dici che sei single? Ah ah ah".
Lei: "Non è il fatto che sei giovane ma per il semplice rispetto verso l'altro. Comunque grazie, sei gentile. Buon pomeriggio"
Lui: "Dalle foto sei sempre con le amiche. Esci con me e fine, fidati".
Silenzio
Lui: "Beh, voi donne mentite sempre, non è una novità e non sono così piccolo da credere a tutte le cagate che dite".

La chiudo qua. Il proseguo è peggio e non aggiunge nulla all'essenza di quanto messo nero su bianco.
Sugli scaffali di casa fa tuttora bella mostra un libro letto molti anni fa e scritto da Asha Philips, una psicoterapeuta infantile. Il titolo era: "I no che aiutano a crescere".
Forse coloro che ora non li accettano sono quelli a cui, quando erano bambini o ragazzi, un "no" non è mai stato detto.

P.S. Ho scelto un dialogo che mi è stato mostrato: mi assicurano non sia un caso isolato e proprio per questo lo riporto qui, non sto in silenzio, sono solidale e vicino a chi subisce questo tipo di atteggiamento.
Più della rabbia dei prepotenti temo infatti l'indifferenza di chi fa finta di nulla, come se fosse normale, tollerabile, scontato. Io no.
Comportarsi così è sbagliato, occorre ribadirlo, anche se per non cadere nel moralismo chiudo con il commento della persona che lo scambio qui sopra me lo ha inviato: “Meglio accettare con ironia un no che accumulare frustrazione, vivendo in una realtà distorta dove tutto è dovuto”.
Giusto. Punto, partita, incontro.

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