sabato 9 luglio 2011

Il prezzo delle cose e il valore dell'uomo



Pur con tutto il greve e scabroso fardello dei difetti che ho, credo di aver trovato chi si colloca al polo esattamente opposto al mio. Si chiama Marco Milanese, è un ex ufficiale della Guardia di Finanza e consigliere politico del ministro Giulio Tremonti, protagonista sui giornali di questi giorni per vicende su cui sta indagando la magistratura. Sull'aspetto giuridico nulla da dire: vedremo se le accuse che lo riguardano sono fondate o meno. E' invece lo stile di vita emerso dall'inchiesta che mi incuriosisce, mettendolo in relazione con me stesso. Leggo su La Stampa, a firma Francesco Grignetti: "Ah, quanto piaceva a Marco Milanese farsi vedere in giro sulla fuoriserie, a bordo del suo motoscafo, nella villa di Nizza. Amava i costosi weekend a New York, rigorosamente nei migliori alberghi. Oppure presentarsi a Natale con un orokogio "Patek Philippe" da quindicimila euro nella carta da regalo".

"Non mi somiglia per niente!" come ripeteva Johnny Stecchino. Nel mio caso è vero: non mi somiglia. Le cose belle mi piacciono, ma non farei mai follie per un oggetto che si può comprare col denaro. Avere i soldi per una vita dignitosa, agiata persino, è un conto, soddisfare il proprio ego con la carta di credito è un altro. Tra le molte fortune che ho c'è quella di accontentarsi del già troppo che ho, materialmente parlando. Una bellissima casa, costruita dai miei genitori con sacrifici veri, senza andare in ferie un solo anno, e sistemata grazie ai risparmi miei e di Isabella nei primi anni di lavoro. Una macchina sportiva, l'unica auto che abbia mai acquistato e posseduto, attualmente pure troppo giovanile per i quarantaquattro anni e tre figli che porto, ma già allora costata quanto un'utilitaria di medio livello (meno di una Golf, tanto per intenderci). Vacanze almeno due volte all'anno, massimo tre (anche se mai più lunghe di una settimana, in residence dove si deve cucinare e riassettare le camere, non in albergo, e in bei posti ma non in capo al mondo). Ogni tanto vado in pizzeria, ristorante più raro. Al polso ho un orologio "patacca", che fa scena e null'altro. Tutto qui. Diavolerie elettroniche e collegamenti con il mondo (tv satellitare e Internet) a casa mia non mancano e per quanto riguarda le uniche cose che davvero mi interessano, i libri, godo di un privilegio particolare: come tutti i colleghi, posso acquistarli come aggiornamento professionale per contratto giornalistico.

Cosa voglio di più? Non quadri, non gioielli, non lingotti d'oro. Nulla, almeno di ciò che ha un prezzo. Certo, se fossi più ricco, se guadagnassi molto di più, farei qualche viaggio, forse farei costruire una piccola piscina nel prato di casa. Nulla però di stratosferico: il lusso è vocabolo che associo non a un oggetto, bensì a una condizione, a una categoria dello spirito ("concedermi il lusso di poter dormire fino a tardi ogni tanto, al mattino; scrivere ciò che ritengo giusto; non avere mal di denti o altro...").

Ecco perchè Marco Milanese, pur nell'apice dei suoi successi, prima che la magistratura chiedesse conto, non l'invidiavo affatto. Né tutti i Marco Milanese del mondo. Come ho già scritto, per me vale l'indicazione del beato Arlatto: "Meglio del molto possedere c'è il poco desiderare".



Foto by Leonora

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