In vita mia ho avuto la fortuna di realizzare decine di interviste, a volte dettagliate, in altre circostanze rapide quanto una battuta.
Sempre mi sono trovato a pensare questo: cosa conosco realmente della persona che mi sta di fronte? Poco; spesso nulla. Se si tratta di un personaggio pubblico, qualche cenno di biografia, qualche opinione altrui, qualche pregiudizio. In molti casi, neppure quello.
Ecco perché, con il passare degli anni, oltre a racimolare informazioni attingendo a canali differenti, ho cercato di sviluppare un “sesto senso” per cogliere, al di là del detto/non detto, qualche tratto essenziale della persona che mi sta di fronte.
Cospargendomi il capo di cenere e chiedendo scusa a priori per l’immodestia, credo che accanto ai miei numerosi limiti, quella sia una “sensibilità” da ascrivere tra le virtù.
Una “sensibilità” che, senza garanzia alcuna di cogliere la verità, pretende pure una condizione: l’incontro con la persona intervistata dev’essere diretto, possibilmente nel suo habitat, cioè la casa, l’ufficio. Niente telefono, né tanto meno mail o altro. Strumenti che possono aiutare per integrare un’intervista, non realizzarla.
Scrivo tutto ciò come premessa a un pensiero che facevo ieri e che riprende un concetto già espresso giorni fa, sulla possibilità che offrono i blog di conoscere qualcuno, in modo più intimo e profondo di quanto conosca in effetti alcune persone che considero amiche, conoscenti, colleghi.
Un’opportunità concreta, che tuttavia non prescinde l’importanza del contatto diretto, poiché ci sono cose che la comunicazione (quella scritta, ma neppure quella multimediale) riesce ad esprimere. Il messaggio, per usare una metafora, non racconta il messaggero. A volte aiuta, ma non basta.
Ecco perché, se avessi in mente di realizzare una rubrica sui blogger, raccontandoli attraverso ciò che nel loro blog pubblicano, e volessi farlo non peccando di eccessiva superficialità, mi troverei di fronte a un bivio: limitarmi alla rete o partire da lì per uscir fuori, incontrando chi lo tiene di persona.
Non sarebbe male come spunto di partenza. Una sorta di “second life” e “first life”, per usare termini già abusati. E forse potrei partire dalla “second life”, la produzione on line, per tracciare un profilo, lasciando in sospeso o magari ad un secondo momento la curiosità dell’incontro personale e la verifica di corrispondenze e contraddizioni.
Nei prossimi giorni, mi piacerebbe farlo, poiché questo blog, oltre ad una sorta di diario, è anche il luogo del mettersi alla prova, del cimentarsi, dell’esperimento.Ci ho già pensato, ci penserò…
Sempre mi sono trovato a pensare questo: cosa conosco realmente della persona che mi sta di fronte? Poco; spesso nulla. Se si tratta di un personaggio pubblico, qualche cenno di biografia, qualche opinione altrui, qualche pregiudizio. In molti casi, neppure quello.
Ecco perché, con il passare degli anni, oltre a racimolare informazioni attingendo a canali differenti, ho cercato di sviluppare un “sesto senso” per cogliere, al di là del detto/non detto, qualche tratto essenziale della persona che mi sta di fronte.
Cospargendomi il capo di cenere e chiedendo scusa a priori per l’immodestia, credo che accanto ai miei numerosi limiti, quella sia una “sensibilità” da ascrivere tra le virtù.
Una “sensibilità” che, senza garanzia alcuna di cogliere la verità, pretende pure una condizione: l’incontro con la persona intervistata dev’essere diretto, possibilmente nel suo habitat, cioè la casa, l’ufficio. Niente telefono, né tanto meno mail o altro. Strumenti che possono aiutare per integrare un’intervista, non realizzarla.
Scrivo tutto ciò come premessa a un pensiero che facevo ieri e che riprende un concetto già espresso giorni fa, sulla possibilità che offrono i blog di conoscere qualcuno, in modo più intimo e profondo di quanto conosca in effetti alcune persone che considero amiche, conoscenti, colleghi.
Un’opportunità concreta, che tuttavia non prescinde l’importanza del contatto diretto, poiché ci sono cose che la comunicazione (quella scritta, ma neppure quella multimediale) riesce ad esprimere. Il messaggio, per usare una metafora, non racconta il messaggero. A volte aiuta, ma non basta.
Ecco perché, se avessi in mente di realizzare una rubrica sui blogger, raccontandoli attraverso ciò che nel loro blog pubblicano, e volessi farlo non peccando di eccessiva superficialità, mi troverei di fronte a un bivio: limitarmi alla rete o partire da lì per uscir fuori, incontrando chi lo tiene di persona.
Non sarebbe male come spunto di partenza. Una sorta di “second life” e “first life”, per usare termini già abusati. E forse potrei partire dalla “second life”, la produzione on line, per tracciare un profilo, lasciando in sospeso o magari ad un secondo momento la curiosità dell’incontro personale e la verifica di corrispondenze e contraddizioni.
Nei prossimi giorni, mi piacerebbe farlo, poiché questo blog, oltre ad una sorta di diario, è anche il luogo del mettersi alla prova, del cimentarsi, dell’esperimento.Ci ho già pensato, ci penserò…