Far luce nell'ombra. Storie della giustizia
Qualche lettore se ne sarà accorto: da un paio di settimane a questa parte, oltre ai maggiori processi, dal tribunale siamo tornati a raccontare nel dettaglio anche le vicende comuni, di gente semplice e invischiata, sua volontà o suo malgrado, in quel rito laico ch’è la giustizia, o almeno la convenzione che se ne dà. Negli ultimi giorni è stato scritto della signora derubata che ha riconosciuto i ladri senza riuscire a mandarli in galera (udienza rimandata, per accertare le reali responsabilità), di uno straniero spiantato e maldestro che ha arraffato un portafoglio vuoto al mercato (condannato), di due poveri diavoli che per ripararsi avevano sottratto da un cantiere abbandonato un paio di assi di legno (assolti), di una vicina di casa maligna e impicciona, che si divertiva ad otturare con della colla la serratura di una giovane sposa (condannata). Storie. Cronache di amministrazione ordinaria, che prese una ad una solleticano curiosità e tutte insieme dipingono uno spicchio della città in cui viviamo. Certo il palazzo di giustizia di Como non è il Beth Din, il tribunale rabbinico che in via Krochmalna a Varsavia era presieduto dal padre di Isaac Singer e che lo stesso scrittore elegge a teatro. E nemmeno la colonia penale descritta da Kafka o il proscenio scelto da un Brecht o da un Sciascia, né la corte d’Assise che Gide descrive cruda e limpida. Non è un caso tuttavia che tanti scrittori abbiano scelto l’aula del tribunale come spina dorsale del loro narrare: c’è vita lì, in quel palazzo grigio, il cui atrio alto e immenso incute soggezione e il cui solo entrarvi ispira disagio. Raccontarlo è anche il modo di farlo sentire meno distante, meno “altro”. Dedicarvi attenzione è altresì la scelta di accendere la luce dove cova l’ombra. Ecco perché siamo contrari a qualsiasi tentativo di privatizzare, di rendere segreta – pur con nobili intenzioni - l’amministrazione della giustizia: raccontare, in questo senso, non è rispondere a un prurito, bensì dare pieno compimento ad una garanzia.
La Provincia, 25.10.09
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