lunedì 12 settembre 2011

In barba al disagio

Ho fatto crescere la barba.

Una quisquilia insignificante, una facezia che non meriterebbe lontana menzione, se non fosse che stasera, tornando a casa e scorgendo la mia immagine riflessa nello specchietto retrovisore dell'auto, mi si è insinuato un pensiero, un dubbio, insistente quanto un tarlo, pervicace come quegli insetti che s'intrufolano nella mela e la lasciano splendida all'esterno ma bacata dentro.

Il sospetto è questo: c'è un significato recondito nel farsi crescere la barba? O peggio: farsi crescere la barba può essere la manifestazione inconscia di un disagio interiore, di un ostacolo che si stenta a superare, ad affrontare e pure a riconoscere?

Non è un pensiero casuale. Il due più due m'è venuto allorché al mio volto nello specchio s'è sovrapposto quello di un amico che, anni e anni fa, comincio a farsi crescere una barba che divento presto lunga fino al petto. Faceva l'assessore e aveva cominciato a non andar d'accordo con il sindaco, con i colleghi di giunta, a cui era legato da un rapporto prima fraterno e poi sempre più freddo, staccato. Era stato Angelo, credo, a dirmelo: "Fa crescere la barba per esprimere disappunto, tormento". "E che cavolo, non fa prima a dirlo?" avevo replicato io, squadrato come un legno di robinia ed elementare nell'approccio, con quei due neuroni che essendo appunto due non potevano conoscere altro percorso mentale di quello diretto, avanti e indietro.

Quel ragazzo, quell'uomo anzi, perché i trent'anni lio aveva superati da un pezzo, alla fine si dimise, ma fu uno strappo che lo lasciò lacerato, almeno per quanto riguarda l'impegno pubblico.

Il fatto si ripropose qualche anno dopo. Allora fu un collega che si fece crescere la barba e un altro amico, Mauro, a dire: "E sì, è in crisi con il mondo ed è il modo di mostrarlo senza dirlo". "Ci risiamo - pensai - quanto è complicato il mondo!".

Oggi però un'ombra m'ha accompagnato nel cammino. "E se capitasse anche a me? E se anch'io stessi rivelando a chi mi sta attorno e per primo a me un cruccio, un groppo?" ho riflettuto, spegnendo il motore dell'auto.

Poi ho chiuso il garage, ho percorso il viale del giardino, ho aperto la porta di casa, ho fatto le due rampe di scale, sono entrato in anticamera, ho slacciato la cravatta, ho aperto il primo bottone della camicia e nell'istante stesso in cui mi sono seduto, di fronte a un piatto di lasagnette al sugo di funghi, mentre con le mani aggiungevo una spruzzata di Parmigiano, ho capito che disagio o non disagio interiore io sto benissimo, mi sento un uomo felice, fortunato. E che la barba, almeno per me, non dice nulla se non la pigrizia di farla e la voglia di essere, una settimana all'anno, un po' diverso dal solito Giorgio. La tengo ancora qualche giorno, poi la taglio.



Foto by Leonora

2 commenti:

toto ha detto...

sfatiamo questo mito del bel tenebroso. io ho pochissima barba e sarei disonesto se dicessi che la faccio crescere, più che altro non ho proprio voglia di tagliarla!

Anonimo ha detto...

Si inizia con la pigrizia di tagliarsela quasi tutti i giorni, si continua con l'abitudine di averla e ti accorgi che se la tagli ti manca qualcosa.