E Dio creò la colpa, perché la perfezione avrebbe reso l'uomo pazzo. M’è venuto in mente stamane, mentre facevo scendere dal distributore automatico una bottiglietta d’acqua e pensavo che davvero sono di poche pretese, che mi accontento.
“E se dovessero levarmi tutto?” ho pensato.
“E se dovessero levarmi tutto?” ho pensato.
La salute, i figli, gli amici più cari… Anche la casa, la mia casa. Le cose importanti insomma.
No, quelle no. Ma il resto? I piccoli privilegi che pian piano uno si conquista, i benefici di un lento e paziente accumulo?
Sto uscendo dal seminato, ritorno al punto. L’asceta che non ha desideri o, peggio, che non conosce vizi, rischia una durezza che schianta chi gli sta accanto.
Sto uscendo dal seminato, ritorno al punto. L’asceta che non ha desideri o, peggio, che non conosce vizi, rischia una durezza che schianta chi gli sta accanto.
Pur essendo immune da alcuni vizi (invidia, avarizia, ingordigia, brama di potere e ricchezza...) sono comprensivo con chi ne è ostaggio poiché conosco i punti deboli, le tentazioni, gli errori che commetto io stesso.
Cambio pagina, nel senso letterale, e mi imbatto nelle intercettazioni su Berlusconi, Tarantini e tutto il circo Togni (mi perdoni il buon Togni) che si portavano appresso.
I commenti sulla faccenda si sprecano e non sarò io a estrarre dalla custodia il trombone per aggiungere all'ampio coro il mio fiato. Del resto, su un uomo che si vanta in una sera di averne avute alla porta undici ragazze ma di essersela spassata soltanto con otto, avevo già scritto tempo fa. Stavolta cambio spartito, o almeno soggetto, mettendo a fuoco l'altra parte del letto. Non è più lui, il satrapo, bensì le cortigiane che mi lasciano stupito.
Leggo un passaggio di Guido Ruotolo ("La Stampa") in cui si scrive dell'insistenza con cui Tarantini convinceva le ragazze a concedersi al primo ministro. "Chi è fidanzata e non vuole tradire, chi è a Parigi...". Faticava, nell'opera di persuasione, ma alla fine riusciva.
Ed è qui che mi fermo. Perché se penso a me stesso sulla soglia degli ottant'anni, come ho già detto in un post di un anno fa, mi immagino su una panchina sotto il faggio, a giocare con in braccio i nipoti o a leggere un libro e non in un guazzabuglio di gambe e seni da far venire l'infarto pure a un toro.
Ammesso che io possa impazzire, che la lussuria sia l'ultimo appiglio a una vita che mi sta sfuggendo di mano, vorrei che "chi è fidanzata" e ha sessant'anni meno dell'uomo che la vuole concupire voglia continuare a "non tradire" il suo fidanzato e che "chi è a Parigi" non si sogni nemmeno di tornare e se ne stia là, a godersi l'esistenza al meglio.
Se la domanda è incontrollabile, sull'offerta possiamo immaginare un freno?
Non posso infatti assicurare - ahimè - sulla mia salute mentale e sulle derive che possa prendere una navicella svuotata di regole e allo sbando, però posso insegnare qui e ora a mia figlia Giorgia la linea neppure troppo sottile tra il giusto e lo sbagliato, tra l'ambizione e la decenza, tra la frivolezza e la dignità del proprio corpo, oltre che dello spirito. Godersi la vita non significa venderla, neppure a caro prezzo. Perché una volta che l'hai venduta, non è più tua.
Foto by Leonora
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