Ho detto che volevo parlare di tre persone conosciute in vacanza. A uno ho riservato un post, oggi dedico qualche riga al secondo, il mio vicino di camera nonché piacevolissimo commensale a tavola.
Si chiama Massimo Zaniboni, anche se per mia moglie e i miei figli è sempre stato e probabilmente sempre rimarrà "il Bonazzi". Bonazzi è il cognome della moglie, Paola (che è tale e quale a Paola Cortellesi, non sono nell'aspetto fisico, anche nella perspicacia, che sovente diventa battuta tagliente, arguta) con il quale è stata fatta la prenotazione al villaggio e la conseguente etichetta segnaposto in bella vista. Tra l'altro anch'io, per il medesimo motivo, per una settimana sono stato "il signor Dominioni".
Nomi e cognomi a parte, Massimo è davvero una bella persona. Un po' più giovane di me, mantovano, architetto, laureato con il massimo dei voti al politecnico di Milano (sempre in coppia con Paola), si occupa di design applicato alla motoristica e insieme alla moglie ha uno studio dal nome che fa tanto architetto glamour: Arkema. All'inizio infatti mi sembrava un po' fighetto, "sborone", "baùscia", per dirla alla lombarda, o "cùmenda" come per altro l'ha apostrofato la centralinista dell'agenzia dove chiedeva informazioni sull'imminente soggiorno in Calabria.
Invece è bastata una mezza giornata e quattro chiacchiere in più per scoprire che alla forma corrisponde la sostanza. Molta sostanza.
Innanzi tutto, a differenza di molti che si fingono esperti di tutto e non sanno nulla, parla a ragion veduta, con preparazione e ponderatezza. Poi è una persona curiosa, dotata di senso dell'umorismo, che chiacchiera ma sa anche ascoltare. La cosa che mi piaceva di più, oltre sentirlo raccontare episodi curiosi e divertenti che gli sono capitati, era la passione con cui spiegava il suo lavoro. Pure nelle ansie, nelle preoccupazioni sue, scorgevo l'esatta immagine delle mie: il futuro dei figli, il destino del nostro Paese, la capacità di fare bene il proprio mestiere a dispetto delle vicessitudini...
In un tempo in cui le sirene d'allarme suonano all'impazzata e il buio pare incombere su questa nostra Italia, Massimo è una di quelle persone che mi fanno dire: "Ma no, ce la faremo, anche questa volta". Con le armi che più ci sono proprie: la creatività, lo stile, la cultura.
Una mattina, mentre i figli giocavano tra mare e spiaggia, io e lui siamo rimasti tra le onde a parlare un'ora e passa su sogni, speranze, prospettive dell'avvenire.
"Sai Giorgio cosa penso? - mi ha detto a un certo punto - Penso che quando mio figlio andrà alle superiori mi piacerebbe lasciare l'Italia, trasferirmi in America oppure in Asia, dove ho clienti importanti e capisco che si stanno preparando meglio che noi ad affrontare il domani".
Non era la solita sparata, quella che ad ogni vacanza fa esclamare a nove persone su dieci: "Basta, lascio tutto, vado ai tropici e gestisco un bar sulla spiaggia!". No. Era una riflessione profonda, meditata.
Spero non capiti mai, spero che Massimo non lasci mai l'Italia. Non per lui, che se lo meriterebbe, ma per questa nostra terra, che ha bisogno di persone serie, preparate, innovative, che sappiamo continuare a seminare affinché qualche germoglio almeno resista. Vederlo partire, vedere i moltissimo Massimo sparsi per la nazione partire, sarebbe la sconfitta peggiore e probabilmente fatale per l'Italia. Ecco perché spero non accada. Avendo come assi nella manica due alleati: sua moglie Paola, che difficilmente reciderebbe le radici della famiglia, e i tortelli di zucca.
E sì, caro Massimo, perché i tuoi figli, i nostri figli, sarebbero meglio formati frequentando una scuola a Los Angeles o a Taiwan, ma vuoi mettere quei fagottini di pasta con ripieno di zucca, amaretti tritati e una punta di mostarda?
L'America può attendere, noi possiamo rimanere o diventare maestri anche qui: pensando positivo, godendoci la vita.
Foto by Leonora
3 commenti:
Sì, ma la Vespa cosa c'entra in tutto ciò ???
massimo ha disegnato tra l'altro il Kymco Downtown uno scooter molto molto bello, dando un senso "italiano" al non sense degli scooter di taiwan. Io ne possiedo uno e forse il merito è anche di zaniboni. Oltre la vespa, c'è un'altra parte di mondo che ha bisogno di stile italiano.
massimo, ma quanto l'hai pagato?
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