mercoledì 7 ottobre 2009

Undici anni


Quando Stefano (Ferrari, il collega che si occupa di cronaca nera) ha appeso la cornetta del telefono, passandosi le mani tra i capelli, avevo già compreso di cosa si trattava. L'avevo intuito dalle mezze parole che aveva scambiato con l'interlocutore all'altro capo del filo: un bambino di undici anni era morto, in casa, appeso chissà come, chissà perché, all'asta delle tende. Così l'ha trovato la sua mamma, appena varcata la porta e sentito un gelo che ora non le andrà più via. I minuti sono passati veloci in redazione, prima per capire cosa era successo, poi per decidere cosa fare, se dare la notizia e come. Il direttore, com'è solito fare nei momenti delicati, ci ha riunito nel suo ufficio, in modo da ragionare a ruota libera, dicendo ognuno la sua, senza briglie e bavagli, prima di prendere le decisioni che gli spettano. Facciamo un mestiere bello e tremendo, trattiamo la vita e la storia delle persone, raccontandola meglio che possiamo. Alla fine è prevalsa la linea di dire quanto è successo, ma con misura, con garbo, rispettosi del nostro ruolo, ma ancor di più della famiglia, senza dunque mettere nome e cognome e neppure i particolari, per non arrecare altro dolore all'abisso in cui sono precipitati quel padre e quella madre. In più, proprio per l'eccezionalità del fatto, abbiamo aggiunto qualche riga in corsivo, per ribadire che certi dolori rimangono un mistero senza senso ed esprimere vicinanza e affetto proprio a quei genitori che hanno perso se stessi insieme con quel figlio unico. Poi ci siamo concentrati anche sul resto della pagine, su un giornale che è frutto del nostro lavoro e come tale va rispettato, anche se la tentazione era quello di spegnere tutto e di staccare la spina anche mentalmente, almeno per un poco. Quando sono tornato a casa, stasera ormai tardi, la prima cosa è stata ovviamente correre da Giorgia e Giovanni e Giacomo. Dormivano già, o meglio erano in quella fase iniziale del sonno in cui ombre e luci non si distinguono. Ho accarezzato loro la testa, Giorgia con gli occhi semichiusi mi ha abbracciato, Giovanni s'è messo a ridere cercando di nascondersi sotto le lenzuola, mentre a Giacomo, che per età è il più vicino al bimbo che oggi è morto, ho dato un bacio sui capelli, a cui ha risposto con un incosciente sorriso. Ed ora sono qui, senza un motivo preciso, solo per condividere un'inquietudine, un disagio che a fine corsa sento più greve, mentre nelle orecchie suona la domanda che mia madre, che Isabella, mi hanno rivolto quando lo hanno saputo: "Perché lo ha fatto?". Non lo so, non lo sapremo, neppure rileggendo mille volte il biglietto di saluti che ai genitori ha lasciato.

Foto by Leonora

1 commento:

LUCA ha detto...

davvero un episodio molto triste, drammatico ed inquietante. Ci penso e l'unica risposta che riesco a darmi è che viviamo in un mondo malato, dove la gente non è più capace d'essere felice.