Giacomo è stato bravissimo, ieri sera, allo spettacolo teatrale che ha preparato con gli altri ragazzi e ragazze di terza media. Io alla sua età ero molto più imbranato: ricordo la prima volta da adolescente in scena, nei panni (pochi panni) del bambino indiano Rajii Shankar. Ero teso e talmente rigido che al mio posto sarebbe stato più espressivo anche un menhir, uno sperone di pietra. Bravi anche i suoi compagni, si vede che al di là del nostro borbottare play station e televisione non tarpano capacità e creatività varia.
Poco fa leggevo sul Foglio del lunedì qualche breve biografia dei giornalisti che hanno firmato gli articoli in pagina. Ho smesso da un pezzo di considerarmi giovane ma ammetto che fa un certo effetto notare che esimi direttori e prestigiosi inviati hanno meno anni di quanto io ne abbia. Mi convinco che ognuno percorra la sua strada, misteriosi sono gli itinerari e ricordo di essere partito tardi, già convinto di dover puntare alla maratona, poiché i quattrocento metri erano già finiti da un pezzo e non ero neppure alla linea del via. Non ho l'ambizione della poltrona: ogni giorno ho la dimostrazione di quanto arduo sia prendere decisioni, più in alto si sale e peggio è e non sono più così ingenuo da non conoscere qual è l'altro lato della medaglia. Semmai temo di impiegare il tempo facendo altro rispetto a ciò per cui ho un talento. Poi ripenso a quando era un bambino, e recitavo da cani, e scrivevo anche peggio: dov'è certificato che io abbia un talento? Allora riformulo la preoccupazione: temo di non riuscire a fare ciò che veramente mi piace. E cioè? Scrivere, raccontare. Però non è male neanche scegliere gli argomenti da mettere in pagina. E discutere con i colleghi, fare i titoli (io adoro fare i titoli), scartare dieci foto e prendere dal mazzo proprio quella giusta... Diciamoci la verità: cosa voglio di più? Le noie non mancano ma mi alzo al mattino - neanche presto - e posso fare un mestiere che adoro. Semmai mi stupisco di coloro che riescono a lavorare, presentare serate, scrivere libri. Scrivere libri. Ma come fanno a scrivere libri? Dove trovano il tempo, le energie mentali? Non credo di essere pigro e neppure di perdere tempo in stupidaggini. Sì, vedo qualche film, la sera tardi. E leggo, però quello è anche un dovere professionale, oltre che un piacere. Forse ho capito: il problema è che dormo troppo. Otto ore a notte, anche nove, minimo. Berlusconi non ne spreca che cinque. Forse quattro. Non c'è da stupirsi che lui abbia un impero economico, sia presidente del Consiglio, partecipi a feste con ragazzine che hanno un terzo (quasi un quarto) dei suoi anni, mentre io me sto qui, sul divano, da solo, che sono quasi le due e m'è venuto freddo ai piedi. E sto vedendo un film ("Star System"), una delle stupide commedie di Hollywood, dove però un professore di filosofia ha appena finito di citare al figlio una frase di Einstein. "Non cercare di diventare un uomo di successo. Piuttosto, diventa un uomo di valore" gli ha detto. L'attore aveva una faccia da uomo buono, saggio. A Villa Certosa, se mai ha bussato, non devono avergli aperto.
Foto by Leonora