domenica 15 maggio 2022

Più o meno (Ciò che vale, davvero)

Alla gratuità si risponde con il dono, non con il prezzo.
(Luigino Bruni)

Un seme. Una visione.
Un pensiero da custodire con cautela, come guscio d’uovo.
In poche righe la direzione, l’auspicio, un traguardo: costruiamo un mondo in cui il denaro non sia misura di tutte le cose.
Arduo, ma bello.
Complesso, però affascinante, profetico.
Più gratuità, meno compenso.
Più eccedenza, meno speculazione.
Più valore, meno conto.
Più dono, meno prezzo.

P.S. Ha ragione il professor Barbero quando dice: “Non è vero che non c’è stata lotta di classe. C’è stata e hanno vinto i ricchi”.
Occorrerebbe aggiungere una postilla: hanno vinto, poiché abbiamo permesso loro di scegliere il gioco, le regole, il campo.
Quello della ricchezza appunto, dei soldi, del continuo ammassare, del capitale finanziario.
Facciamo un passo indietro: rifiutiamo l’idea che i soldi siano un fine, smettiamo di considerarli l’unica risorsa, la forza che piega e a cui piegare tutto.
Sapendo che pure su questo tema, per praticità, esiste un più o meno.
Più lavoro, meno profitto.
Più investimento, meno rendita.
Più redistribuzione, meno accumulo.

sabato 7 maggio 2022

Così bella (Così fragile)

La pace dei sensi è soggettiva, quasi sempre armata, dovendo fare i conti ad ogni età con una tensione, che è la stessa dell’esistenza umana, degli esseri animati, che pensano se stessi come osservandosi da fuori, rispondendo agli istinti ma pure a una coscienza.
È facile essere attratti dalla bellezza di ceramica, quella della stagione migliore, della gioventù al suo apice di pienezza.
Si resta eterni adolescenti quando ci si ferma lì, non si va oltre, non si diventa adulti e si finisce per cercare sempre compagni e compagne senza rughe, scolpiti e perfetti, almeno all’apparenza.
Se si è fortunati invece si cresce, si impara ad apprezzare altro, a considerare un bello che somiglia più all’arte che alla ginnastica d’estetica.
I segni del volto, le naturali imperfezioni del corpo, la diversa struttura dei tessuti, una fragilità tutta umana, che tuttavia ha per riflesso altre virtù, la forza d’animo, la capacità di resistenza, la tenerezza dei sentimenti, il sapere (e il saper fare) dell’esperienza.
Ciò non significa lasciarsi andare, prendersi poca cura di sé, giustificare trasandatezza, pigrizia, sciatteria.
Piuttosto è continuare a volersi e voler bene accettando il limite, la fragilità, dando valore al “vulnus”, alla ferita, il modellare che ha fatto per ciascuno di noi il tempo, la vita.

P.S. Vale anche per la mente, che è come un giardino, pretende di essere curata, coltivata, alimentata, sempre, anche se a differenza del corpo soffre meno la decadenza, ha il vantaggio di poter crescere non a parabola, bensì in linea retta.

domenica 1 maggio 2022

Un comasco vero (Nino, senza maschera)

Aveva una faccia sola e già questo lo rendeva speciale, se non unico.
Nino Balducci ha tolto il disturbo una settimana fa, lasciando ciò che più amava, cioè le figlie Manuela, Roberta, Federica, i nipoti, il lavoro e Como, inteso soprattutto come calcio, la passione di una vita.
Ne parlo ora poiché prima l'hanno fatto tutti, com’è giusto che sia, per una persona che non si è mai risparmiata e che ha ricevuto in morte il tributo che meritava: la riconoscenza delle molte persone che lo hanno conosciuto, ciascuno cavandone qualcosa di buono, senza ombra di smancerie o affettuosità da operetta.
Nino infatti era comasco fino al midollo, come ne son rimasti pochi, gente di schiena forte, di maniche rimboccate, di cuore, ma altresì di modi asciutti e durezza.
Una durezza iscritta forse nei geni, con il sospetto però che si sia arrampicata loro addosso da piccoli, come l'edera, a causa dei tempi grami in cui sono cresciuti, del pane duro mangiato e guadagnato quando ancora avevano i calzoni corti, in assenza di agi ed alternativa.
Un tratto caratteristico comune agli abitanti di questo lembo di terra - ho in mente lo stesso stile in Angelo Migliavada, ma anche in mia mamma - che non deve essere rinnegato, bensì definito e compreso se si vuole continuare ad estrarre dalla radice della pianta una linfa buona, oltre a riconoscere un'originalità e un'appartenenza non soltanto di crosta.
Aveva una faccia sola, ho scritto in principio, poiché quei modi spicci e concreti non li mascherava, usando con chiunque lo stesso timbro, fosse il potente di turno o il povero diavolo al bordo della strada.
Se dovessi elencare tutti i ricordi, gli aneddoti, le confidenze fatte e ricevute, i momenti condivisi, impiegherei una vita. Ne faccio a meno volentieri, poiché in ogni caso non riuscirei a esprimere neppure lontanamente la pulizia di sentimenti, la stima, l'affetto ricambiato che mi legava a lui e che non era esclusivo, considerato appunto che Nino era un generoso e a chi gli andava a genio non lesinava un'apertura di credito illimitata.
Il bello, di questo modo di essere, di fare, è che finché campo so che incontrando chi lo ha conosciuto potrò scambiare chiacchiere e condividere memorie e sorridere di mille storie, dando e ricevendo, in eguale misura.
Anche per questo, per questo seminare spontaneo e continuo, Nino vive e vivrà a lungo, come una tra le persone che sono più onorato di conoscere, a cui voglio bene, tuttora.

P.S. Ho atteso qualche giorno ma mi è capitata la mattinata giusta per ricordarlo, in questo primo maggio che cade di domenica e che per cielo terso, sole limpido, clima mite, brezza lieve, può competere per "il miglior giorno dell'anno", uno di quei giorni che sarebbe stato bello andare insieme allo stadio, al Sinigaglia, o sopra Schignano, dove aveva il suo buon ritiro, la sua baita.