Volevo già scriverlo subito, ieri sera, dopo che ho spento la televisione, ma ho pensato che sarebbe stato un peccato sommare la banalità di altre parole all'essenziale che avevo appena udito.
Mi riferisco allo spettacolo di Roberto Benigni, andato in onda in prima serata su RaiUno: la lettura, preceduta da spiegazione e commento, del quinto canto dell'Inferno, tratto dalla "Commedia" di Dante Alighieri.
Quasi tre ore senza pubblicità, che mi hanno incollato allo schermo. Non succedeva da mesi, forse anni, che non mi alzassi dal divano (divino, divano, solo una vocale di differenza, non ci avevo mai pensato...), senza usare neppure una volta il telecomando. Mi sono ritrovato bambino di colpo, quando la tv era in bianco e nero e per cambiare canale bisognava levarsi dalla sedia e pigiare un bottone e le possibilità di scelta erano tre, se non due: il primo, il secondo e la Svizzera.
Roberto Benigni è stato strepitoso, dimostrando che a un genio non importa il mezzo usato, lo strumento, per trattare temi di cultura, sapienza, passione e intelletto.
Me lo sono gustato e viene voglia di rivedermelo.
C'è un bel passo della Bibbia, in cui Abramo evita il castigo che Dio ha riservato a Sodoma, convincendolo ad usare misericordia se vive in quella città anche un solo giusto.
C'è un bel passo della Bibbia, in cui Abramo evita il castigo che Dio ha riservato a Sodoma, convincendolo ad usare misericordia se vive in quella città anche un solo giusto.
Nei molti torti che imputo alla tv generalista, primo fra tutti quello di grattare il fondo del barile pur di fare ascolti, pescando nei più bassi istinti invece di volare alto, la presenza di Benigni la giudico un seme buono. Forse non è abbastanza per espiare le colpe di un sistema intero, ma mi pare un buono spunto per partire.