A settembre saranno vacanze, ma agosto è un ponte a campata lunga, in cui lavoro senza conoscere sabato né domenica. Mi aiuta la varietà del mestiere che faccio e, di contro, mi pesa la stanchezza di non staccare la spina (battuta sentita ieri al The Late Show with David Letterman: "La differenza tra Obama e Bush è che Obama va in vacanza per staccare la spina, Bush invece non l'attaccava mai").
Ieri sera, mentre in poltrona mi godevo il fresco della sera, pensavo al periodo trascorso a Espansione Tv e, come collaboratore, al Corriere di Como e alle cose che, nel bene e nel male, debbo a quei dieci anni che mi hanno cambiato la vita. Avendo un concetto sacro, quasi un culto, della gratitudine, ometto qui le ombre e tento piuttosto un elenco delle cose buone che ho imparato, gli aspetti che hanno trasformato il bravo ragazzo e le buone intenzioni che lo accompagnavano in un giornalista fatto ma non finito.
Dunque, se chiudo gli occhi e ci penso, il primo aspetto che mi viene in mente è una "forma mentis" di approccio al lavoro, al mestiere. Volente o nolente ho imparato ad essere meticoloso, ad essere preciso, ad evitare la superficialità nell'affrontare e sviluppare un argomento, a realizzare un servizio televisivo, così come un articolo di giornale. Ho imparato che la forma è importante quanto la sostanza. Ho imparato a capire cos'è una notizia e a metterla nelle prime righe, in modo chiaro, così che la possa capire anche il lettore o l'ascoltatore. Ho imparato che qualsiasi fatto può diventare una notizia, basta saperlo vedere nella giusta luce o girarlo e rigirarlo finché se ne coglie uno spunto degno di nota. Ho imparato a gestire non soltanto me stesso, ma anche degli uomini, un gruppo. Ho imparato ad obbedire (pur sforzandomi di non esser mai servo e sviluppando una serie di espedienti per esercitare un'obiezione e un punto fermo quando il limite superava la misura) e ho imparato a comandare, a prendere decisioni, ad assumermi responsabilità.
Questo e altro debbo a me stesso, ma soprattutto a chi c'era, sopra di me (Adolfo Caldarini e Mario Rapisarda) e accanto a me (tutti i colleghi, di Etv e Corriere, non necessariamente giornalisti, ma anche grafici, tecnici, impiegati). In ognuno di loro, come in me, pur in proporzioni varie e differenti, c'è del buono e del gramo. Il buono mi è piaciuto ricordarlo qui, il gramo ho sempre cercato riferirlo di persona, di volta in volta, agli interessati. Anche questo è un esercizio che in quei dieci anni ho avuto occasione di affinare e praticare a lungo.
Foto by Leonora