domenica 31 agosto 2014

Azzurro

Foto by Leonora
Tu che ridi, con il bikini azzurro, e azzurro è il cielo sopra te e le sfumature del telo con cui ti asciughi, appena uscita dall'acqua, mentre ti osservo, seduto a terra, e penso che vorrei fotografarti così, per trattenere un'immagine perfetta di te e della luce che sento scorrermi dentro.
Non ho il cellulare a portata di mano e anche se l'avessi sarebbe difficile cogliere l'attimo, rendere perfettamente l'idea di ciò che provo. La riporto qui, per fare memoria di quel lampo di felicità che mi ha attraversato.
Sono stati bei giorni quelli trascorsi a Cecina, al mare, insieme, anche se con i tuoi quattordici anni ormai ti senti grande e non sei più la mia bambina da un pezzo (ma un po' lo sarai sempre, e sai pure questo). Abbiamo chiacchierato a sprazzi, riso molto, discusso e persino cozzato, per quella caparpietà capricciosa che hai di carattere e che si somma alle bizze dell'età che stai vivendo.
Mi piace quando mi ascolti, ma so che ti distrai facilmente, per cui le cose che mi sembrano importanti te le ripeto, mettendo a tacere il sospetto che tu mi ritenga già un po' rimbambito (la storia delle donne, ad esempio, e del fatto che più della bellezza - o che oltre la bellezza - occorra avere fascino, "charme" come dicono i francesi, e che per quello non occorrono smalti, balsami o push-up, ma la testa soltanto, il cervello, mi pare tu l'abbia ascoltata e non soltanto sentita la seconda volta che te l'ho detto).
I consigli altrui sono come i libri: necessitano del kairòs, del giungere nel tempo propizio, al momento opportuno. Perciò non insisto e sovente preferisco il silenzio, o appiccicare i pensieri qui, immaginando che un giorno ti saranno meno molesti di adesso. Oggi volevo dirti che crescendo per un verso si cambia e ci si allontana moltissimo da ciò che eravamo, per l'altro invece si finisce con l'assomigliare con chi ci ha preceduto, con il padre soprattutto (e qui lo so che penserai: "No!!! Non può essere vero!!!" e ti starai preoccupando. Ed è anche per questo che non te l'ho detto a voce, per evitare di essere osservato con sguardo atterrito :-)

domenica 17 agosto 2014

Il primato della musica

Foto by Leonora
Torno indietro un passo, alle note dell'altra sera, alle dita sui tasti, le strimpellate del banjo, il cantare, in lievità, allegria. Nella famiglia che ci ospitava è un'impronta digitale, un segmento di dna tramandato di genitore in figlio, rimpallato tra fratello e sorella.
Per me è diverso. Mio padre era un canterino, un cuor contento che il ciel l'aiuta, ma nulla che varcasse la soglia della cultura musicale, lo studio o anche semplicemente l'utilizzo di uno strumento, fosse il flauto traverso, il bongo o la raganella.
Piuttosto, se esiste un imprinting, a casa nostra è quello della lettura, dei libri che fanno da parete, quadro e cornice, vezzo d'arredo e speranza che anche attraverso dorsi e copertine entrino nel cuore e nella testa.
Non rinnego la passione per la lettura, mi limito a costatare che la musica ha in più la capacità di coinvolgere, aggregare, creare socialità, convivio e non è un caso se delle arti è sempre stata considerata la regina. Pure quando scrivo - a ben pensarci - è il ritmo, il mot juste, l'armonia che ricerco, tentando di mettere una in fila all'altra le parole, in modo che abbiano significato, ma che anche suonino, proprio come musica. Però è una musica da solisti. Un'esperienza unica, spesso emozionante, quella di leggere un libro, ma che non può essere vissuta che da sé, in perfetta solitudine, entrando in un mondo altrui e chiudendo a chi ci sta attorno la propria porta.
P.S. Tutto questo per dire: leggere è meraviglioso, ma si può cominciare a qualsiasi età, mentre se avete figli insistete perché imparino a usare uno strumento, facciano parte di un coro, di una banda... Magari frigneranno, probabilmente si lamenteranno, forse non mostreranno talento o impegno, ma garantirete loro un'età adulta migliore, gettando un seme di socialità e cultura.

mercoledì 13 agosto 2014

L'ultimo patriarca

http://www.storylab.it/n/foto/1340/il-paese/
Foto by Leonora
Gino suona il piano con una delicatezza tutta sua, di mani temprate e consunte in ottant'anni e passa di vita trascorsa su un binario andata e ritorno famiglia officina. Gli amici intorno cantano, la figlia che compie gli anni tiene il ritmo, sorridono i nipoti, divertiti e ammirati da quel nonno di cui intuiscono gli spigoli ma assaggiando soltanto la parte tenera. Lo guardo e penso che il cielo gli è stato generoso nella vecchiaia quanto gramo dalla culla fin quando ha indossato i calzoni lunghi, togliendosi dalla miseria da sé, come naufrago che si aggrappa ai marosi, con braccia robuste e testa aguzza. Una pienezza che si misura dal frutto di abbondanza che porta e non può essere soltanto equivalenza di fortuna.
Al capo opposto del salone trovo la risposta, incrociando gli occhi che vigilano da sessant'anni su Gino, quelli della moglie Ernestina, il lievito giusto per trasformare quell'uomo dalla forza di fiera nell'architrave di una bella famiglia, facendogli da contrappeso in grazia, buon gusto, cultura. Al netto dei difetti individuali e di ogni giorno che ha la sua pena vedo in loro il buono che c'è nell'essere coppia, nel dare il meglio all'altro senza togliergli l'essenza.
"Non avevamo niente ma non ci pesava lavorare - mi dice Gino in dialetto - mentre adesso non ci manca nulla e rischiamo di buttare via tutto, perché lo vogliamo senza fare fatica".
Già. Di mio aggiungo che nel cammino abbiamo perso di vista la meta, l'obiettivo da raggiungere, o meglio, ci siamo accorti che un obiettivo non basta più, perché l'essere umano è fatto così, conosce la felicità soltanto a istanti e sazio non lo è mai, i beni materiali sono effimeri quando si mettono sul piatto della bilancia e l'unità di misura è la contentezza, la pienezza di vita.
Gino appartiene a una generazione nata povera ma con la pista segnata: bastava seguirla per arrivare soddisfatti a sera. La bicicletta, poi la moto, la macchina, le vacanze al mare o in montagna, un pezzo di giardino, la casa, una volta ogni tanto il ristorante, la pizzeria... A noi è spettata in dote l'abbondanza, con ora la paura boia di perderla e l'incapacità di trovare un'alternativa ideale, prima ancora che economica, per non sentirci dei falliti, per andare a dormire con un sogno in testa oltre che con la pancia piena. Siamo la società della conservazione, della resa, che non a caso ha valore di parola doppia: è ciò che rende e pure rinuncia alla lotta, bandiera bianca che sventola.
Gino non si è arreso, mai, ultimo dei patriarchi anche per figura. Il ricordo tra qualche anno renderà ancora più lievi le ombre e lascerà un solco distinto, preciso, pulito, rendendo vero uno dei passi in apparenza più strambi e più scomodi di Matteo, quello secondo cui "a chi ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha". Chi pensa che questa non sia giustizia è un ingenuo. O non ha imparato nulla dallo scorrere della vita.

martedì 5 agosto 2014

Miele (anche un po' alle ginocchia)


Andrea, Giovanni e Nicolò all'opera
A lezioni di miele, a lezioni di vita. Ieri sera ho portato Giovanni e i suoi amici Andrea e Nicolò alla Rovall, dove erano state preparate le arnie e tutto era pronto per raccogliere ciò che centinaia di migliaia di api creano durante l'anno. Vedere i ragazzini curiosi, appassionati, increduli persino, mi ha emozionato e intenerito.
A parte la loro espressione meravigliata, tre sono le cose che già sapevo, ma che ho ricordato.
Primo: l'insegnamento che viene dagli insetti e dall'evoluzione degli esseri viventi, precisi in tutto, dalla raccolta del polline al sigillare con la cera le celle, per conservare il miele al meglio, in un ambiente né troppo secco, né troppo umido.
Secondo: la sapienza dell'uomo, che nei secoli ha imparato a sfruttare le risorse naturali, massimizzando i risultati con piccoli espedienti di grande efficacia. Penso ai fogli "cerati", che fanno da canovaccio ai favi e evitano di far perdere tempo alle api, oppure ai "trucchi" per invogliarle a produrre questo o quello.
Terzo: oggi è meglio di ieri e sono sempre più convinto di quanto scritto due settimane fa, cioè che il futuro ci sorrida e occorre essere positivi. Daniele mi spiegava che fino a qualche decennio fa non esistevano le arnie come si usano ora e che per ricavare il miele si usavano metodi che non davano scampo alle api. Questione di cultura, insomma, come per tutte le cose. La sensibilità infatti non si trova in natura, ma si forma, pian piano, arrivando alla meta spesso dopo aver imboccato la strada sbagliata.
P.S. A proposito di oggi che è meglio di ieri: le foreste in Europa sono il 30% in più rispetto al 1950. Un giorno neppure troppo lontano guarderemo alla seconda metà del Novecento con obiettività, riconoscendo che ha concesso una prosperità prima incredibile, ma anche oscura come ci immaginiamo gli anni che precedettero il Mille, nel Medioevo.