Venti righe. Indro Montanelli sosteneva che in venti righe si può raccontare tutto. Bastano tre parole invece per spiegare le ragioni di questo blog: comunicare, in libertà. Per il resto, vale per me ciò che scrisse Jorge Luis Borges, "I miei limiti personali e la mia curiosità lasciano qui la loro testimonianza".
mercoledì 31 dicembre 2008
Vorrei (propositi buoni)
lunedì 22 dicembre 2008
Auguri piccoli piccoli
sabato 20 dicembre 2008
La crisi in controluce
mercoledì 10 dicembre 2008
Inseguendo una libellula in un prato (o dell'albero genealogico di un mestiere)
Lo scrivo qui, perchè da quel giorno penso di mettere qui, per esteso, le persone a cui devo essere grato per essere arrivato, nel bene e nel male, al presente in cui mi trovo.
Dunque, in principio c'era Stefano Guzzetti, mio compagno di liceo, che terminate le scuole superiori cominciò a scrivere qualche articolo per La Gazzetta di Como, diretta da Angelo Curtoni e dove lavoravano, tra gli altri, Francesco Angelini, Roberto Festorazzi e Lilliana Cavatorta. Un giorno, era la metà degli anni Ottanta, Stefano disse a me e al mio ex compagno di banco (che mi aiutò a superare la maturità) Mauro Colombo se eravamo interessati a scrivere qualche articolo di basket sulla Pallacanestro Cantù.
La faccio breve: prima con Mauro e poi da solo scrissi su Cantù e anche sulla Comense di basket femminile. A Cantù conobbi Dino Merio, a cui mi rivolsi quando La Gazzetta di Como chiuse. Lui mi affidò una rubrica su Cantù Basket e un giorno, quando il telecronista ufficiale della Comense (Eugenio Cremona) se ne andò in gita con le classi del collegio Gallio, lo stesso Dino Merio mi propose di fargli da seconda voce. Fu la mia prima telecronaca e balbettavo, faticando persino a far uscire dalla gola un filo di voce. Era il 1989, credo. Qualche mese dopo Lilliana Cavatorta, che in tv lavorava, mi domandò se ero interessato a realizzare i servizi di basket per il tg e con Giovanna Salvadori come conduttrice ci cimentammo anche in dirette televisive la domenica pomeriggio. Intanto frequentavo l'Università Cattolica e con La Provincia cominciai una collaborazione, realizzando articoli riguardanti il mio paese. In redazione, allora in Via Anzani, c'erano Giorgio Brusadelli, Marengo e Barocco. Conservo ancora i ritagli di quel tempo, che durò non a lungo (ad Olgiate l'ombra lunga i Roberto Caimi giunse fino a Lurate oscurando le mie velleità e inducendomi a ritirarmi in buon ordine, mantenendo invece il rapporto con la tv).
Nella seconda metà degli anni Novanta, l'attuale direttore dei programmi di Etv, Carlo Nicolella, chiese al vice direttore del telegiornale, Mario Rapisarda, se conoscesse qualcuno da utilizzare come inviato per una nuova trasmissione pomeridiana che aveva in mente. Credo che la concorrenza fosse più che scarsa, poiché Mario propose me. Mi misero alla prova all'inaugurazione della pista del ghiaccio, in piazza Cavour. Avrebbero dovuto esseri ospiti, ricchi premi e cotillons, invece per due ore mi ritrovai solo, in diretta, di fronte a una telecamera. Intervistai i passanti al volo e nei non rari momenti vuoti, non mi persi d'animo, chiacchierando del più e del meno. Fu così che Nicolella si convinse di ingaggiarmi per la trasmissione chiamata Al 9000, condotta da Elda De Mattei e con il sottoscritto "live", dai posti più disparati (persino in mezzo a un gregge di pecore) tutte le sere. Nel frattempo Adolfo Caldarini, direttore del tg di Espansione, tornò a Como per fondare un nuovo giornale (Il Corriere di Como) e sempre con Mario Rapisarda mi chiese di collaborare, scrivendo sempre di basket e poi affidandomi una galleria di personaggi da intervistare, pubblicando l'articolo a tutta pagina, ogni domenica (alla fine ne collezionai oltre duecento, tra cui Gianfranco Miglio, Gianni Clerici, Giuseppe Pontiggia, Massimo Fini: sono tutte in Internet e il link lo trovate nei banner di questo blog). Nel 1999, gli stessi Caldarini e Rapisarda mi offrirono un lavoro a tempo pieno: capo redattore del telegiornale di Etv. Per me era toccare il cielo con un dito. Per dieci anni sono stato lì, fino a che, nella primavera di quest'anno, Giorgio Gandola mi ha chiamato a La Provincia, con una decisione coraggiosa ai limiti della sfrontatezza, per la quale non gli sarò mai abbastanza grato.
Riassumendo: da Stefano Guzzetti a Giorgio Gandola passando per Dino Merio, Lilliana Cavatorta, Carlo Nicolella, Adolfo Caldarini e Mario Rapisarda. Se non ci fossero stati loro, non sarei dove sono. Forse l'umanità ne avrebbe tratto migliore giovamento se a quest'ora costruissi case o raccogliessi rottami metallici o insegnassi in qualche scuola invece di fare il giornalista, ma tant'è. Di una cosa però desidero si conservi memoria: a loro, a tutti loro, sono grato. E non c'è mattina che mi alzi senza sentire la responsabilità di ripagare la fiducia che essi, di volta in volta, hanno riposto in me.
P.S. Sabato, alle 18, ad Appiano Gentile ci sarà una messa in suffragio di Stefano Guzzetti, morto di leucemia quando aveva vent'anni. Io quel giorno lavoro, ma farò di tutto per esserci. Come ho scritto qui, gli devo più di molto: gli devo tutto.
Foto by Leonora
domenica 7 dicembre 2008
Svizzera, pregiudizi e carta carbone
mercoledì 3 dicembre 2008
Quel (molto) che resta del canestro
Foto by Leonora
lunedì 1 dicembre 2008
Un brindisi alla buona informazione
domenica 30 novembre 2008
Abbiamo voluto la bicicletta
In ogni caso, ciò che volevo aggiungere qui è la spiegazione di un metodo di lavoro, per mostrare la trama e l'ordito di quanto poi trovate sui giornali, che nel nostro caso - nel giusto e nello sbagliato, nel buono e nel gramo - è la somma di capacità e limiti personali e di gruppo. Non c'è nessun burattinaio che ci manovra, non esistono mandanti di cui noi siamo gli esecutori. Per scoprire ancora più le carte, potrei anche aggiungere che la mia preoccupazione - oggi come ieri come sempre - è quella di non risparmiare nulla a nessuno, senza tuttavia dare l'impressione di essere "barricaderi" o schierati da una parte politica o dall'altra. In questo, il giornale credo finisca con l'assomigliare a chi lo fa. La mia regola è: schiettezza più equilibrio uguale credibilità.
Un'ultima annotazione, che mi viene da uno scambio di messaggi via Facebook - pochi minuti fa - con Mauro Migliavada, che tra l'altro mi ha scritto: "Mi trovo bene con Sallusti, che è uno aperto, anche se ha le sue idee e non le nasconde. Credo di stare imparando. Me ne accorgo giorno dopo giorno. Un bel training, insomma. Certo, si fanno errori, si è sempre allo sbaraglio, ma ci sta... anche perché, malgrado quanto si dica, noi di mandanti non ne abbiamo, almeno, io non ne ho". Su questo, sull'indipendenza di Mauro, posso mettere anche io la mano sul fuoco, senza preoccupazioni di essere chiamato da domani Giorgio "Muzio" Bardaglio. Ho lavorato con Mauro dieci anni e so che, pur se sa essere realista, non si piega a ciò in cui non crede e a questa rettitudine ha pagato un prezzo caro, essendo persino licenziato. Quanti altri hanno questo coraggio?Io no, per primo. Ecco perché metto la mano sul fuoco: anche lui può sbagliare, per limiti e incapacità, ma mai per conto terzi. E sono fiero, pur se non lavoriamo più fianco a fianco, di restargli amico.
martedì 25 novembre 2008
Ernest, Dino e... Grace
Comunque sia, non dimenticherò questa frase di Hemingway e la metterò accanto a un'altra frase, che il mio attuale direttore ripete spesso, citando Buzzati che sulla macchina per scrivere aveva messo un biglietto: "Racconta, non fare il furbo".
"Grace under pressure" e "Racconta, non fare il furbo": a volte per esser grandi ci vuole poco. Ed è proprio quel poco che fa diventare grandi.
sabato 22 novembre 2008
Anime candide
Il resto è cronaca da leggere sul giornale.
Qui volevo semplicemente far presente come spesso le notizie non sono frutto di un caso né di una macchinazione. In questa circostanza, se il direttore fosse stato più timoroso, se i suoi collaboratori diretti gli avessero consigliato prudenza, invece di sostenerlo, se la mia collega Gisella non avesse messo a disposizione tempo e capacità professionali per controllare carte e fonti e se l'altro mio collega, Emilio, non avesse fiutato fin da subito la bontà dell'inchiesta, spronando ed aiutando in ogni modo, non una riga sarebbe uscita e a mio modo di vedere la città avrebbe avuto un'occasione in meno per fare chiarezza e, tutto sommato, per essere migliore.
Foto by Leonora
Due palle e una morale
Morale della storia: un giornalista e più in generale un collaboratore con le palle è fondamentale, almeno quanto un capo che - a dispetto dei santi - lo metta nelle condizioni di lavorare.
Foto by Leonora
lunedì 10 novembre 2008
Quarantadue a zero
mercoledì 5 novembre 2008
The light and the black
Il regalo più bello
domenica 26 ottobre 2008
Tolgo polvere dal ripostiglio (dei ricordi)
giovedì 23 ottobre 2008
Distillati di qualità
Il diavolo che avevo in mente è questo: qual è la chiave del successo e soprattutto della soddisfazione personale? Prendiamo il giornalismo, un mestiere che molti vorrebbero fare ma pochi riescono (e quei pochi spesso dopo qualche tempo dimenticano quanto lo volevano fare e te li ritrovi come impiegati tristi, a barcamenarsi tra un turno e l'altro). In questi anni ne ho visti passare di principianti e prima di loro sono stato uno della schiera degli aspiranti anch'io. Se tiro una riga, a parte qualche raro esempio di raccomandato o di botta di culo nell'essersi trovato immediatamente nel posto giusto al momento giusto, ce la fanno coloro che hanno una passione tenace e non mollano mai, e fanno tutto con entusiasmo da ragazzino innamorato, dicendo mai di no, se non in casi disperati, e quando lo dicono poi rimediano subito, facendoti capire che è stata un'eccezione di cui si scusano (si scusano anche quando a scusarsi dovrei essere io, che magari li volevo spedire in cima a un monte per scrivere quattro righe in tutto). Certe persone se sono in gamba lo noti subito: sanno cogliere le occasioni al volo e sanno conquistarmi perché in loro rivedo me stesso. Lo scrivo qui, pensando che un giorno mi leggerà mio figlio. Vorrei lasciargli questo biglietto: svegliati, perché se sei sveglio otterrai ciò che desideri, pur se costa sacrificio. Le spintarelle non servono, se non a piazzarti in qualche posto, magari ambito da altri, magari ben ripagato, ma dove ti troverai sempre a disagio. Tutto ciò non l'ho pensato come fulmine a ciel sereno. M'è venuto in mente leggendo il blog della Sketchin di Luca Mascaro, che con un amico carissimo, Francesco "Frenz" Lietti, s'è ritrovato per un "Meetup". Vedendoli lì, nella foto che vedete sopra, a Manno, a due passi da casa mia, questi giovani troppo in gamba per essere raccontati in poche righe di post, tutta questa storia della crisi e della recessione mi è sembrata una banalità e m'è tornato il buon umore, oltre che la fiducia nell'avvenire del mondo. "Questi sì che sono ragazzi svegli, in gamba" ho pensato. Gente che ha idee e non ha paura di confrontarsi, di discutere, di costruire il futuro e non soltanto di subirlo. E ho pensato che persone così non le trovi appena svoltato l'angolo, come i giornalisti in erba che già denotano le qualità che li faranno emergere, anch'essi sono frutto di una selezione naturale, di una distillazione che non avviene per coptazione, bensì per fioritura spontanea e successiva gemmazione, con una sorta di attrazione spontanea indotta dal valore che si riconoscono l'un l'altro. Potevano starsene quieti, a giocare alla loro play station, invece si sono dati appuntamento un giorno d'ottobre, hanno formato un gruppo di lavoro, senza fronzoli, badando alla sostanza. E se si muovono loro, dannato Giorgio - ho pensato - come diavolo fai tu a restartene a letto, a lasciar che la rivelazione che hai avuto possa appassire così, nel torpore del sonno, senza che rimanga scritta a futura memoria tua, di tuo figlio (un giorno) e di tutti quelli che passano dal blog e che magari hanno capito poco o nulla tanto ti sei spiegato male, ma almeno c'hai provato e se non altro conosceranno il perché ora sei qui, in un letto che non è il tuo, ma che nel frattempo è diventato anch'esso caldo e pure se hai tirato tardi sei felice e contento, per quello che hai scritto, per ciò che hai fatto.
mercoledì 15 ottobre 2008
Generazioni in bilico
In "prima" tutto tranquillo (anche perché hanno sei anni - Giovanni non ancora compiuti - e le lezioni sono cominciate da un mese), mentre le maestre delle "quarte" (ci va Giorgia) non le hanno mandate a dire, mettendo sul banco degli imputati i genitori. Motivo: bambini troppo maleducati. Fin qui niente di nuovo sul fronte occidentale, anche se sapere che bimbi di 9 anni rispondono male alla maestra già mi fa serrare la mascella, come direbbe il mio amico Maggi per esprimere un cocente arrabbiatura (e la chiamo così per amor di patria). Ciò che invece mi lascia basito, facendomi seriamente preoccupare, è il fatto che alcuni di questi cucciolini amorosi dududù dadadà si rivolgono ai loro compagni provenienti da altre nazioni con simpatiche espressioni tipo: "Rumeno di merda torna al tuo paese". Hanno fatto bene le maestre a dare a questi episodi un nome preciso: razzismo. Ora, io so poco della riforma Gelmini, del ritorno del grembiule azzurro o del cinghiale bianco, del voto in condotta e dell'insegnante unico, però se fosse mia figlia a dire una cosa del genere sarei grato alla maestra se le tirasse un'orecchio lungo un metro....
martedì 14 ottobre 2008
L'amico è
domenica 12 ottobre 2008
Mamma, m'ha preso mano la tecnologia
venerdì 10 ottobre 2008
"Ti..nan": il valore di in concerto
Parimenti, come lo struzzo cerco di non pensare al terremoto economico che sta accadendo nel mondo e che brucia miliardi su miliardi, compresi probabilmente parte dei miei quattro soldi, messi da parte giorno per giorno con l'unico scopo di non ritrovarsi un domani con le spalle al muro. Forse ne usciremo indenni, forse è solo l'inizio di un tempo gramo. A maggior ragione mi pare opportuno dare valore alle cose che non hanno prezzo. I rapporti personali, l'amicizia ad esempio. Tramite Facebook ho ritrovato persone care e perse di vista da un pezzo (Mariagrazia, Riccardo, Claudio, Valentina, Silvia Cipo, Deborah...), altre che mi sono care ma vedevo di rado e invece adesso tengo nel mirino (David, Elisa, Viviana, Luca...) e altre ancora di cui ignoravo l'esistenza ma che mi sono stati simpatici da subito (Lucia, Barbara, Simone, Natasha, Augusto). Il problema è che sono troppi: centoventidue, un bel numero. Qualche amico, molti conoscenti, qualcuno perfettamente sconosciuto. Ma perché ho iniziato a scrivere di Facebook? Ah sì, ecco: per i rapporti personali, l'unica moneta che non conosce inflazione anche se si continua a battere conio. Compagni di strada che si prendono e si lasciano. A volte i cammini non si incrociano, altre volte le unioni si saldano. E a proposito di amicizia, voglio segnalare un'iniziativa di cui volevo scrivere già una settimana fa, ma che mi ha commosso talmente tanto da lasciarla per qualche giorno nel cassetto. Mio zio Gianni, il fratello di mia mamma, morto a maggio dell'anno scorso, aveva un collega e amico straordinario, Arnaldo Pagani, impiegato di banca e viaggiatore e musicista a tempo guadagnato. Sabato 25 ottobre, al cine teatro Pax di Lurate, per ricordare il suo amico Gianni, Arnaldo ha organizzato un concerto. Musica alla buona, leggera in ogni senso. A commuovermi però, oltre alla sua fotografia sorridente (scattata mentre era in Patagonia, con lo stesso Arnaldo) è stato il titolo. "Ti...nan" ha chiamato quest'idea di revival concerto. "Ti...nan" era l'espressione più usata da mio zio Gianni, "tu...ragazzino" potrei tradurla malamente dal dialetto lombardo. Ecco, in quel "ti...nan" è racchiuso tutto: la gentilezza di un gesto, il senso del ricordo, l'amore limpido per un amico. Un patrimonio che va al di là della morte e la cui cifra non starebbe in nessun mega assegno.
mercoledì 1 ottobre 2008
Giusto un anno
martedì 30 settembre 2008
Eredità di saggezza
martedì 23 settembre 2008
La famiglia più ricca che conosco
domenica 21 settembre 2008
Il buco
Oggi ho avuto una giornata intensa, forse la peggiore da quando ho lasciato la tv per il giornale. Colpa un virus intestinale che mi ha messo ko per tutta notte e persino di giorno, a conclusione di una settimana di per sé intensa. Stupido io, più di tutto, nel voler essere in redazione a tutti i costi anche in questo week end, nonostante avessi già lavorato in quello passato. Però usciva L'Ordine, però anche il Corriere di Como avrebbe spolverato il servizio da tavola d'argento, però non me la sentivo di essere assente proprio in questo giorno. Di contro c'è che eravamo in pochi (io, Gisella e Ferro, più Billy Cavalcanti, che però era "chiusurista", cioé arriva tardi e si occupa solo di seguire i fatti di cronaca che accadono in serata). In più, per un colmo di sfortuna, non avevamo collaboratori. Neanche uno! Tranne Angelica, una ragazza che ha chiesto di collaborare con noi da tre giorni in tutto. Siccome poi la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo, stamattina ci siamo accorti di avere anche preso anche un "buco", termine tecnico nel giornalismo per definire una notizia che ha in pagina la concorrenza e tu no, nella fattispecie la presenza in una scuola di Albate di nove insegnanti per una classe sola. Apro una parentesi: ho sempre detestato, quando si prende un buco, ignorarlo oppure arrampicarsi sui vetri per tentare di minimizzare il fatto o, ancora peggio, usare rappresaglie per mettere in cattiva luce chi poteva avvisarti e non lo ha fatto, quindi oggi ho potuto mettere in pratica ciò che ho sempre teorizzato: orecchie basse, voglia di riscatto e la notizia va data lo stesso, perché chi compra il tuo giornale paga un euro e ha diritto ad essere informato, pur con un giorno di ritardo. Complimenti dunque ai colleghi del Corriere di Como e anche a quelli de L'Ordine, che aveva parimenti la notizia. Chiusa parentesi.
Sta di fatto che ridotti ai minimi termini, completare le otto pagine che facciamo ogni giorno non è stato facile. Speriamo bene per domani.
P.S. I buchi si danno e si prendono. Ho parlato solo di quello che ho preso, perché è poco elegante elencare quelli che si danno e che, in ogni caso, sono merito dei miei colleghi, che perlustrano il territorio, mentre io sono diventato una brutta copia dell'Uomo Neon (ma mi piace da matti questo lavoro). In più, con mezzi poco più che artigianali, i ragazzi (eccezionali) del reparto tecnico de La Provincia hanno messo in piedi un set per incontri in video. Ieri abbiamo registrato una sorta di esperimento, che è già visibile via web, sul sito de La Provincia di Como.
mercoledì 10 settembre 2008
I cinque clic
Mi sono iscritto molto tempo fa, praticamente l'ho visto crescere, per mesi e mesi non l'ho quasi mai guardato, nel frattempo vi ho dedicato anche un paio di post su questo blog e finalmente la stagione appare matura: Facebook non è più un pallido oggetto del desiderio.
Da ormai tre mesi lo uso con regolarità, gli "amici" dall'anno scorso ad oggi sono triplicati, faccio fatica a farne a meno. Con Facebook tengo ad occhio gli amici e le amiche di vecchia data, ritrovo qualcuno di cui avevo smarrito traccia, conosco persone nuove, che altrimenti mi sarebbero rimaste per sempre ignote. Sto persino imparando lo spagnolo, grazie a Martina, medico di Buones Aires, a cui io per ricambiare insegno qualche parola d'italiano. Oggi poi, quando ho scoperto che di questo social network fa parte anche Maria Luisa, non ho avuto più dubbi: sdoganato al cento per cento.
Comunque sia, questa non è la premessa per una riflessione semplice semplice: quali sono i primi cinque siti su cui faccio clic quando accedo a Internet.
Elenco i miei:
- IGoogle (pagina personalizzata)
- Mail La Provincia
- Mail Hotmail
- Google Reader (elenco feeds di blog e giornali quotidiani)
Foto by Leonora
domenica 7 settembre 2008
L'età alessandrina
Da domani si torna in redazione. Non mi pesa, tutt'altro. C'è una stagione intera da mettere in cantiere, qualche novità da proporre, molte idee che frullano per la testa, aspettative da confermare e sempre nuove sfide, che poi sono il sale di un lavoro. Tra l'altro, il 20 settembre arriva in edicola L'Ordine e come ho già scritto il confronto con i "competitor" non mi dispiace affatto. Il pericolo, in tutti i mestieri e specialmente per chi fa il giornalista, è quello di sedersi, di sentirsi arrivati, di non esser più curiosi e aver poca o nessuna voglia di imparare, di non mettersi in discussione, di vivere un'età alessandrina, di bassa epoca, come l'avrebbe forse chiamata T.S. Eliot se si fosse occupato di simili vicende. Il confronto tra persone che si stimano è invece stimolante e spero sia antidoto naturale per evitare appisolamenti o, peggio, inutili autocompiacimenti. In più, come ripeto sempre, perché ci credo, "la competizione è la forma massima di collaborazione". Il resto sono solo chiacchiere e distintivo.
mercoledì 27 agosto 2008
Due passi più in là
C'è una frase di una canzone di Concato che mi assomiglia. Dice: "Sì, non ci si può fidare, di uno che vivrebbe bene in un motel. Senza niente, senza neanche il mare..."
Io sono così. Vivo in un bel posto, sono fortunato in famiglia, con le amicizie e sul lavoro, però mi accontenterei di un locale pulito, con bagno annesso (quello sì, irrinunciabile) e un libro. Il resto mancia.
Estremizzo, ma neppure tanto. Ed è per questo che non è facile vivermi accanto, sopportare il mio scarso badare alle cose pratiche, la tendenza a rimandare le cose. Se non avessi incontrato Isabella forse non sarei sposato, non avrei figli, casa e un canarino.
Su certe cose mi so accontentare e forse questo è il trucco per ricevere molto. Lo scrivo in termini generali, perché ogni mantello di Diogene ha i suoi bei buchi e a volte capita che mi imbronci o cambi d'umore per stupidaggini. La Bibbia ha una parabola anche per questo. E' quella del profeta Giona, che si arrabbia con Dio perché il caldo fa seccare la pianta di ricino che gli faceva ombra, procurandogli sollievo. Anche nel giardino che sono le mie giornate crescono e seccano molte piante di ricino. E ogni volta mi spazientisco. Indifferente sulle grandi cose, meticoloso nelle piccole. Ecco perché mi rendo conto di esser "pesante" da sopportare. Lo ammetto, a mo' di espiazione.
Per concludere questa sera (notte) di confidenze, riporto la frase che una ragazza rumena mi ha detto l'altro giorno, raccontandomi l'infanzia grama, ma di un gramo vero, che ha avuto.
"Ogni cosa che non ti uccide ti aiuta a crescere - mi ha detto, sorridendo - e ogni calcio nel sedere sono due passi in avanti più in là".
Saggezza vera.
Foto by Leonora