Venti righe. Indro Montanelli sosteneva che in venti righe si può raccontare tutto. Bastano tre parole invece per spiegare le ragioni di questo blog: comunicare, in libertà. Per il resto, vale per me ciò che scrisse Jorge Luis Borges, "I miei limiti personali e la mia curiosità lasciano qui la loro testimonianza".
lunedì 31 dicembre 2018
Se chiudo gli occhi (Grazie per chi c'è stato)
Se chiudo gli occhi e guardo indietro vedo una distesa di giorni ammucchiati, intricati come quando cascano gli appendini di filo di ferro e non capisci dove inizia uno e finisce l'altro.
Se chiudo gli occhi e mi osservo, allo specchio, trovo un uomo che non conoscevo, diventato adulto senza accorgersene nemmeno, smarrite molte certezze, ma proprio per questo più forte, meno prigioniero, tuttora curioso di conoscere, pur se aggrappato alla zona di conforto, come un naufrago, con le unghie, allo scoglio.
Se chiudo gli occhi e respiro, piano, ritrovo i momenti migliori dell'anno, quegli stessi attimi che rivivo talvolta andando a letto, cercando il sonno, ancorandomi a situazioni piacevoli, trasportandole dal passato al presente, sentendone sotto pelle le sensazioni, il battito del cuore accelerato.
Se chiudo gli occhi incontro lo sguardo delle persone che nei mesi recenti mi hanno accompagnato, chi per un tratto di strada breve, chi a lungo, senza curarsi che fosse un sentiero stretto o largo, nei vicoli di città o in un bosco, con sotto i piedi l'asfalto o polvere o fango.
Se chiudo gli occhi c'è una parola che per prima prende forma e si staglia, nitida, luminosa. Inizia con la medesima consonante del mio nome e conta sei lettere in tutto: "Grazie".
Grazie per tutto ciò che ho avuto, che mi è stato dato, persino che mi è stato tolto. Grazie a ciascuno di voi, che passa di qui, e mi fa sentire mai solo.
In questo incredibile cammino ch'è la vita si guarda meglio al passato tenendo chiusi gli occhi, ma è aprendoli che si accoglie il futuro.
sabato 15 dicembre 2018
Trent'anni (Il sorriso sempre uguale di Stefano)
Oggi sono trent'anni che ti abbiamo accompagnato al cimitero. L'avevo scordato e me ne sento in imbarazzo, pur se a date e ricorrenze concedo poco peso.
Sono già passati trent'anni e ti debbo molto, compreso il mestiere che faccio e dunque l'uomo che sono diventato, mentre tu sei rimasto un ragazzo e quando chiudo gli occhi non hai una ruga, né un increspatura del volto, un capello bianco e ridi, di quel sorriso limpido che ti ha sempre distinto.
Siamo stati compagni di classe al liceo, amici tra i banchi, nei pomeriggi dopo la scuola, in redazioni grandi tre metri per due, in cui mancava tutto tranne il desiderio e la passione di inventarci un lavoro.
Sono passati trent'anni, che tu non hai vissuto, se non accanto a chi ti voleva bene, mentre noi - i “rimasti” - sovente abbiamo dato nessuna rilevanza al dono ricevuto, correndo senza riflettere, respirando in automatico, dando quasi tutto per scontato e lamentandoci persino, dei piccoli inconvenienti o grandi inciampi trovati lungo il cammino.
Sono passati trent'anni e oggi mi fermo, per dire grazie a te e a Simona, che me lo ha ricordato, ma anche ad Elena, che in questi giorni sta accompagnando la mamma nel reparto di oncologia e "spia con rispetto negli sguardi altrui, cogliendo tutte le paure e le speranze identiche alle sue, sentendo il vibrare della rassegnazione e il tentativo di farsi forza, nonostante tutto".
"Ho immaginato che tu avresti saputo scrivere un post bellissimo - mi ha detto - perché le emozioni le sai raccontare". Eppure è lei che questa volta l'ha fatto, come non avrei saputo fare meglio io.
Lo appunto qui, per espiare un poco della pigrizia, dell'indolenza, dell'assenza di disciplina e perseveranza che mi inducono spesso a privilegiare la comodità all'impegno, alla messa a frutto di un talento.
Oggi sono trent'anni che ti abbiamo salutato, Stefano. Poteva capitare a chiunque di non esserci più, di abbandonare per primo il palcoscenico, è accaduto a te: perdonami se ti ho ricordato così poco.
venerdì 14 dicembre 2018
L'Uomo Ragno (So chi è ma non posso dirlo)
Sei d'una tenerezza che raramente ho conosciuto, d'un candore che mi avvince e affascina, allo stesso tempo.
"Giorgio - mi hai detto serio serio l'altro giorno, seduto sul sedile posteriore dell'auto, legato con la cintura di sicurezza e dritto, composto come un soldato pronto per affrontare il suo destino - se dovesse per caso pungermi un ragno radioattivo e io diventassi Spiderman e te lo dicessi, tu manterresti il segreto?".
Me lo hai chiesto così, a bruciapelo, ma dovevi averci covato a lungo, convinto che si trattasse di un'ipotesi non soltanto plausibile, ma altamente probabile, mentre assai come più incerta appariva ai tuoi - e ciò la dice lunga sul vuoto che ha necessità di essere colmato - la capacità di esserti fedele, di non tradire la fiducia che riponi in me, negli adulti, in questo tempo iniziale in cui ci sei stato affidato.
Ti ho risposto di sì, serio serio anch'io, che ai supereroi ho smesso di credere da un pezzo, ma per il cuore puro di un bimbo mi commuovo ogni volta che ci penso.
No, non ti tradirò, manterrò i segreti che mi affiderai e sarò degno del patto che il destino ha siglato: te lo prometto.
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