“Spezzare le catene”. Di questi tempi mi vengono in mente frasi che paiono lapidi, apparentemente a caso, come se me le sussurrasse all’orecchio qualcuno, pur se a girarsi di scatto non scorgo nessuno.
“Spezzare le catene”. Un invito e insieme un piccolo mistero, non essendo così intuitivo il significato. “Catene” infatti attorno a me non ne vedo, non a un primo sguardo almeno. Pensandoci però forse ciò che mi “lega”, in un certo senso “imprigiona”, lo trovo.
Il laccio delle abitudini ad esempio.
Quello del comodo, della pigrizia che frena la ricerca del bello, del buono.
O lo spago del misurare tutto, lo schiavismo del bilancino, che inibisce il dispensare con generosità, non tanto e non solo il materiale, quanto nelle relazioni, innescando quel meccanismo del “do soltanto se ricevo”.
E il peggiore di tutti, il cappio della paura, il timore paralizzante del giudizio altrui, del fallimento. Dimenticando che, in realtà, fallisce soltanto chi non ci prova davvero.
P.S. Ti vedo, vi vedo, così parte di me e così diversi da me, così vicini e così estranei, indipendenti, autonomi, alberi che crescono portando frutto, personalità che si formano e sbocciano in modo originale, unico. Esiste un filo elastico che ci lega, ma al contempo così lasso e lungo da permettervi di camminare e giungere ovunque, senza sentire vincolo, senza catene, anche se anelli di catena siamo.
Con voi sperimento l’amore vero, quello del non trattenere, dell’essere lieto soltanto di ciò che rende lieti voi davvero, del restare sempre disponibili senza pretendere nulla in cambio o di ricambio.
In questo credo stia il senso più profondo di “dare la vita”, che non si riduce all’inizio, ai cromosomi e a quell’unica cellula dalla quale è iniziato tutto ma si rinnova ogni giorno, lasciando semi in continuazione, senza pretesa o certezza o sospetto che mettano radice, si riproducano.
E in questa storia che si riduce a una parentesi tonda di qualche decennio, in cui di me tra due generazioni non resterà nemmeno il ricordo, voi siete ciò che ho di più prezioso, proprio perché “siete” e non “vi possiedo”.