Venti righe. Indro Montanelli sosteneva che in venti righe si può raccontare tutto. Bastano tre parole invece per spiegare le ragioni di questo blog: comunicare, in libertà. Per il resto, vale per me ciò che scrisse Jorge Luis Borges, "I miei limiti personali e la mia curiosità lasciano qui la loro testimonianza".
lunedì 28 aprile 2008
Facce da "U Brunzin"
sabato 26 aprile 2008
Il grillo e il riccio
Tra i blog che seguo quotidianamente, ne hanno parlato sia Mauro (non uno, ma due post), sia Gaspar (uno solo).
Pur se non richiesto, esprimo un parere personale: ben venga Grillo, anche che se non mi assomiglia per radicalità di concetto e temperamento caratteriale, ben vengano i suoi dubbi sulla effettiva libertà dell'informazione.
Premesso che non ho verità in tasca, premesso che chi conosce anche soltanto un poco della storia della stampa nazionale e internazionale sa che i problemi gravi di oggi non sono maggiori di quelli di ieri, ritengo che un "Grillo" parlante sia utile a prescindere, come direbbe Totò, e che il suo fustigare, instillando dubbi e denunciando storture sia il minimo che un paese civile possa permettersi se vuole continuare a definirsi tale.
Diffido delle chiusure a riccio e delle difese ad oltranza di una categoria. Preferisco che il dibattito ci sia, considerando sempre utile la voce fuori dal coro o quella che risponde con un contro canto.
Foto by Leonora
lunedì 21 aprile 2008
"Teniamoci visti"
giovedì 17 aprile 2008
Paese reale
Avrei tante cose da dire sulla recente tornata elettorale. Ne scelgo una, che riguarda noi giornalisti e che trovo ben riassunta in un post di Alessandro Gilioli, de "L'Espresso". Gilioli, riflettendo su politica, società e mass media, dice tra l'altro:
"La realtà è che esiste un’Italia massiccia, lontana dal piccolo e chiuso mondo di chi parla e si parla sui giornali e in Rete: è un’Italia che non conosciamo e le cui reazioni ignoriamo, l’Italia degli operai del nord che votano Lega e dei siciliani che eleggono compatti Lombardo, l’Italia che si vede poco o nulla nei media ma poi tracima quando è chiamata a votare.
Ed è anche l’Italia a cui non fotte proprio nulla di Giuliano Ferrara, icona attorno cui invece si schiera - esaltandolo o maledicendolo - il piccolo e autoreferenziale mondo dei media".
E' questo paese che, senza pregiudizi, mi piacerebbe saper raccontare...
Foto by Leonora
mercoledì 16 aprile 2008
"Sindrome da primo bacio"
Sto parlando di Roberto Dadda, un omone grande e grosso, con una voce da baritono che non risparmia un decibel neanche morire e, quando sussurra, rimbombano comunque i vetri attorno.
A vederlo nella foto del suo blog sembra il fratello intellettuale e anche un po' incacchiato del nonno di Heidi, ma nella realtà è rilassato e pacioso e di ottima compagnia, anche per il fatto che adora raccontare storie, specialmente in forma di aneddoto. Ad esempio, quello della sua prima mail, quando studiava a Stanford negli anni Settanta, io me lo sono già fatto raccontare tre volte (e da notare che, finora, in vita mia ho avuto la fortuna di incontrarlo soltanto due volte, per cui lo stesso aneddoto me lo devo esser fatto raccontare in un paio d'occasioni nella medesima serata).
Ad ogni modo, Roberto mi piace perché ha una certa età (57 anni) e ne ha vista di acqua passare sotto i ponti e, pur rimanendo aggiornato su tutto, non è facile all'infatuazione.
Proprio sulla facilità con cui un fenomeno viene enfatizzato, fino a "ritenere di trovarsi di fronte a una cosa speciale e assolutamente nuova" ("Sindrome da primo bacio") segnalo questo magnifico post dello stesso Dadda, che mi pare restituisca a Internet una dimensione meno "magica" e più reale.
Il succo è che, pur potente e affascinante, la rete è un mezzo, uno strumento e lasciandosi abbagliare da essa si corre il rischio di Daryll Hannah in "Splash. Una sirena a Manatthan", quando Tom Hanks le consegna un regalo e lei, che non ne ha mai visto uno, guardando il pacchetto e la carta colorata esclama: "Grazie, è bellissimo".
martedì 15 aprile 2008
Trascinato per i (pochi) capelli
Cominciamo dai "meme", che mi ricordano il professore di ginnastica alle medie (Emanuele Clerici, detto "Meme", appunto). Mi ha fatto l'occhiolino Andrea (gliene sono grato), mi hanno ammiccato Paolo e Luisa (sono grato anche a loro), tenta di tirarmi per la giacca Mauro (gliene sono grato meno :-). Il fatto è che io e i meme (che sono poi giochi, come sintetizza bene lo stesso Mauro) non è che proprio andiamo d'accordo. Il fatto è che, ignorandoli, mi pare di essere scortese. Peggio: ho il timore di passare per snob e di essere poi ignorato da persone che stimo e che, prova una volta, tenta un'altra, alla fine si dimenticano di me, come fossi uno straccio vecchio o la famosa zitella che tutti vogliono e nessuno la piglia. Così, nella giornata di ieri, ho preso tempo: ci sono le elezioni, ed è anche lunedì, magari pensano che non ho acceso il computer, sono davvero troppo preso, magari dopo, magari domani, sì, ecco, domani ci ripenso e decido cosa fare, e poi fa anche freddo, non è che uno ragiona lucido con 'sto freddo, meglio rimandare... Insomma, per chi ha visto almeno una volta "The Blues Brothers", sembravo John Belushi mentre accampa scuse davanti alla ex fidanzata che ha piantato sull'altare ed ora ritrova, fucile spianato, che lo vuole far fuori per esser sparito e averle rovinato la vita.
Non è cosa.
Così, oggi, dopo aver cercato di prendere altro tempo, mi ritrovo qui, per confessare che... che, sì, insomma, io a rispondere e continuare il "meme" non sono ancora pronto. Sarà che devo ancora superare la sindrome da "catena di Sant'Antonio", sarà che ho un certo pudore a parlare di me (non ridere, Marco Migliavada! E' vero, sono vanitoso, ma non è che puoi rinfacciarmelo così, ridendotela, mentre leggi questo post che una congiunzione astrale ha reso così intimo e io non sono neanche lì vicino per difendermi! :-), sarà questo è anche altro, però al meme non sento ancora di rispondere. E poi: le sei cose che mi piace più fare? Ma come faccio a rispondere. Sono indeciso: e se ne dimentico qualcuna? Non sono mai stato bravo nel dare risposte immediate. Potrei dire: mangiare la Nutella, vedere la Juventus, leggere un libro, cenare in compagnia, starmene a letto per i cavoli miei e starmene a letto non per i cavoli miei. Ecco, l'ho fatto. Ci sono riuscito! Mi fermo qui: metti che ci ripenso e mi accorgo di aver omesso una cosa che mi piace ancora di più. Poi, com'era il meme? Un attimo che controllo.
Ah, no. Indicare altri sei blogger questo no. Sono rispettoso, grato, commosso persino per la gentilezza di chi mi ha nominato, ma non cada su di me il sangue di un altro giusto! Vale, Andrea, Luisa, Paolo, Frenz, Mauro, Marco, Massimiliano, dormite sonni tranquilli, io non vi nominerò! Ops...
lunedì 14 aprile 2008
Giornalisti lo "nacquero"... (2)
La prima è un articolo di Ferruccio de Bortoli, attuale direttore de "Il Sole 24 Ore", sull'informazione all'incrocio tra media tradizionali e web.
E' da leggere per intero, qui ne riporto la parte centrale:
"Le regole del buon giornalismo appaiono ancora quelle di Edmund B. Lambeth (Committed Journalism). Cinque principi. Verità: senza la presunzione di possederla, nel rispetto della buona fede del lettore. Giustizia: ovvero imparzialità, che non esclude domande scomode, ma distingue cronaca da commento. Libertà: l'indipendenza si tutela se si è liberi, ma anche se non si è scorretti. Umanità: il rispetto della persona i cui diritti soggettivi a volte prevalgono, in assenza di ruoli pubblici, su quelli di critica e di cronaca. Infine, responsabilità, etica della funzione e coscienza del ruolo pubblico della professione. Peccato che queste regole si seguano poco, nella stampa scritta, ma forse ancor di più nel web".
Il secondo è un'intervista a Carl Bernstein, pubblicata da "La Stampa". Bernstein è uno dei due giornalisti che contribuì a svelare lo scandalo Watergate, che costrinse alle dimissioni il presidente americano Richard Nixon.
Anche in questo caso, l'articolo merita una lettura completa, ne riporto qui soltanto una parte.
«Essere un buon reporter significa saper trovare e scrivere la migliore versione della verità sui singoli eventi. (...) Trovare la miglior versione della verità significa non andare a caccia di farfalle ma parlare con tanta gente, essere persistenti, saper ascoltare ciò che gli altri stanno dicendo e non farsi sedurre dall'idea che il giornalismo sia fatto di controversie e polemiche costruite a tavolino. Gossip e sensazionalismo stanno diventando una tendenza di massa ostacolando la ricerca della verità».
Ho ancora tanto da lavorare...
Foto by Leonora
domenica 13 aprile 2008
Giornalisti lo "nacquero"...
giovedì 10 aprile 2008
Là dove pedalano le aquile
L'ultima sua notizia è di oggi e come sempre la scovo sul suo blog. Lo aspetto a Como, dove mi ha promesso una birra. Sarà una bella serata.
martedì 8 aprile 2008
Il volo della cicogna
Ho incontrato per la prima volta Paolo Moretti una quindicina d’anni fa, credo a una partita della Pallacanestro Cantù. Le nostre strade, da allora, hanno percorso molti incroci. L’ho ritrovato al Corriere di Como e in televisione, ho letto i suoi pezzi di cronaca e apprezzato la sensibilità per l’impaginazione grafica, oltre che per il contenuto, di un giornale. Siamo stati fianco a fianco mille volte, ma l’ho conosciuto soltanto un paio di settimane fa, quando ho letto il suo libro, intitolato: “La cicogna che sconfisse l’aviaria”.
Lo scrivo con sincerità, anche se un po’ me ne vergogno, poiché è vero che in amicizia sono un tipo “piano”, nel senso che diffido delle vampate d’entusiasmo e preferisco il tempo lungo alle scorciatoie, però dev’esserci qualcosa di sbagliato in me se sto in mezzo alle persone così tanto e mi “accorgo” di loro così poco.
Mi spiace non essermi accorto prima di certe sfumature e non posso neppure dire di voler rimediare, perché mi conosco, e ho un pudore pure nelle amicizie che mi impedisce di trasformare l’affetto in un abbraccio caldo. Sono un tipo più da stretta di mano, ma questo Paolo lo sa e non si offende se non sono tra coloro che passano serate con lui o si trovano insieme, a pranzo.
Altro non voglio aggiungere, perché il libro merita di essere letto. Non si trova in tutte le librerie, ma se ne può fare richiesta alla Infinito Edizioni (info@infinitoedizioni.it).
Ricordo i dati essenziali: Paolo Moretti, La cicogna che sconfisse l’aviaria, Infinito edizioni, 12 euro.
Un “manuale” non borioso per chi ha intenzione di adottare un bambino e una buona lettura per chi non ha paura di guardarsi dentro, oltre che allo specchio.
domenica 6 aprile 2008
Dove andiamo? Ci sarà posto?
Non voglio né potrei aggiungere nulla allo scontato, dicendo che si tratta di persone speciali, che mi fanno sentire ottimista per il futuro.
In questi giorni poi non sono molto presente, con la testa intendo. Vivo un po' nel mio mondo. Capita.
Ciò non toglie che in un momento di lucidità, meditando su quel benedetto futuro dell'informazione che mi sta a cuore, riflettevo su questo:
- La logica di sviluppo e di propagazione delle informazioni “in rete” non conosce verticismi, bensì coordinate orizzontali. Per dirla con un esempio che mi pare efficace: in Internet vince non chi ha un megafono più potente, bensì chi è abile a creare un passaparola più rapido e autorevole.
- Ciò che nella carta stampata ha perso smalto (citare le fonti, non “addomesticare” le notizie, accettare il confronto e se si è sbagliato chiedere scusa) in Internet é una necessità, pena la gogna e la perdita di ciò che distingue tuttora il potente strumento di informazione dal blogger, cioè l’autorevolezza, la certezza di serietà nel reperire, verificare, presentare la notizia.
E cosa centra il Pizza Blog con tutto questo? Nulla forse, se non per un aspetto: giovedì sera mi sono trovato attorno a un tavolo, con persone che stanno preparando la tesi, o che si occupano di grafica, che fanno i commercialisti e i docenti universitari, i consulenti d'informatica e gli addetti del settore tessile, i "responsabili della comunicazione nelle situazioni di crisi aziendale" e i fotografi, e ho compreso più cose sul futuro dell'informazione che stando a contatto per giorni con la maggior parte dei giornalisti.
Forse siamo troppo presi dal mettere un piede dopo l'altro, dal continuare passo dopo passo il cammino, per comprendere dove ci stiamo dirigendo e qual è l'intero itinerario.
Mi viene in mente una vecchia battuta "esistenziale" di Woody Allen: "Chi siamo? Dove andiamo? Ci sarà posto?"
Foto by Leonora