domenica 30 novembre 2008

Abbiamo voluto la bicicletta


Due parole, su giornalisti e amicizia e libertà di informazione.
Oggi, proseguendo nell'inchiesta di cui ho già parlato in un precedente post, abbiamo pubblicato le società in cui ha incarichi il sindaco di Como. La formula è identica a quanto già fatto con il coordinatore di Forza Italia, Giorgio Pozzi: grafico con l'elenco delle società, articolo in cui si spiegano le cose, intervista al diretto interessato, con tutte le domande senza omissioni o reticenze, con resoconto dettagliato delle risposte, ugualmente senza reticenze e omissioni. Oggi, in più, c'era una lettera di un amico del sindaco, nonché suo socio nella Veronelli Viaggi, che replicava a quanto scritto e pubblicato ieri sempre su "La Provincia" dal segretario cittadino del Partito Democratico.
In ogni caso, ciò che volevo aggiungere qui è la spiegazione di un metodo di lavoro, per mostrare la trama e l'ordito di quanto poi trovate sui giornali, che nel nostro caso - nel giusto e nello sbagliato, nel buono e nel gramo - è la somma di capacità e limiti personali e di gruppo. Non c'è nessun burattinaio che ci manovra, non esistono mandanti di cui noi siamo gli esecutori. Per scoprire ancora più le carte, potrei anche aggiungere che la mia preoccupazione - oggi come ieri come sempre - è quella di non risparmiare nulla a nessuno, senza tuttavia dare l'impressione di essere "barricaderi" o schierati da una parte politica o dall'altra. In questo, il giornale credo finisca con l'assomigliare a chi lo fa. La mia regola è: schiettezza più equilibrio uguale credibilità.
Un'ultima annotazione, che mi viene da uno scambio di messaggi via Facebook - pochi minuti fa - con Mauro Migliavada, che tra l'altro mi ha scritto: "Mi trovo bene con Sallusti, che è uno aperto, anche se ha le sue idee e non le nasconde. Credo di stare imparando. Me ne accorgo giorno dopo giorno. Un bel training, insomma. Certo, si fanno errori, si è sempre allo sbaraglio, ma ci sta... anche perché, malgrado quanto si dica, noi di mandanti non ne abbiamo, almeno, io non ne ho". Su questo, sull'indipendenza di Mauro, posso mettere anche io la mano sul fuoco, senza preoccupazioni di essere chiamato da domani Giorgio "Muzio" Bardaglio. Ho lavorato con Mauro dieci anni e so che, pur se sa essere realista, non si piega a ciò in cui non crede e a questa rettitudine ha pagato un prezzo caro, essendo persino licenziato. Quanti altri hanno questo coraggio?Io no, per primo. Ecco perché metto la mano sul fuoco: anche lui può sbagliare, per limiti e incapacità, ma mai per conto terzi. E sono fiero, pur se non lavoriamo più fianco a fianco, di restargli amico.
Foto by Leonora


martedì 25 novembre 2008

Ernest, Dino e... Grace


Hemingway ha scritto: "Courage is grace under pressure". Me lo ha ricordato ieri l'altro un amico giornalista, alle prese con un articolo difficile, che andava consegnato in breve tempo. La cosa buffa è un aneddoto che mi ha raccontato. Un giorno, molti anni fa ormai, in redazione erano in due, fianco a fianco. Questo amico, molto "inviato speciale", di quelli apparentemente disordinati, come se dovessero partire da un momento all'altro per il fronte anche quando partecipano a una festa di gala; l'altro invece molto "british", capace di conservare flemma e stile da festa di gala pur quando si trovava in mezzo a una battaglia al fronte. "Lo stato di grazia si trova quando si è sotto pressione" sostenne il primo, mentre batteva velocemente i tasti del computer per chiudere il pezzo in tempo. "Ah sì, rispose l'altro. Io ho sempre interpretato questa frase differentemente, cioè: mantieni uno stato di grazia, anche quando sei sotto pressione". Al che il primo si bloccò, staccò le mani dalla tastiera, levò gli occhi dallo schermo e replicò: "Può darsi che questa frase non ci dica nulla di Hemingway, ma certo dice tutto di noi due"...
Comunque sia, non dimenticherò questa frase di Hemingway e la metterò accanto a un'altra frase, che il mio attuale direttore ripete spesso, citando Buzzati che sulla macchina per scrivere aveva messo un biglietto: "Racconta, non fare il furbo".
"Grace under pressure" e "Racconta, non fare il furbo": a volte per esser grandi ci vuole poco. Ed è proprio quel poco che fa diventare grandi.
Foto by Leonora

sabato 22 novembre 2008

Anime candide


A proposito di lavoro. Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato un 'inchiesta sulle relazioni tra politica e affari, partendo dal presupposto che è meglio conoscere cosa fa un politico (aziende, società, partecipazioni...) e con chi lavora (altri politici, imprenditori privati...)


Qui vorrei spiegare com'è nata, perché anche questa è trasparenza e pure perché la considero un paradigma di corretta informazione e delle pre-condizioni necessarie affinché si realizzi.


In principio ci fu un voto in consiglio comunale a Mariano Comense, in cui è stato approvato un intervento edilizio di 24.000 metri cubi, tra residenziale e commerciale. Uno dei soci che lo realizzerà è Giorgio Pozzi, coordinatore provinciale di Forza Italia, nonché capogruppo dello stesso partito proprio a Mariano. Pozzi, quando s'è trattato di votare, è uscito dall'aula, ciò non toglie che la commistione affari e politica sia apparsa palese, tanto che direttore e vice direttore de La Provincia, Giorgio Gandola e Bruno Profazio decisero di fare il titolo principale in prima pagina.


Qualche settimana dopo, l'altro episodio decisivo. L'assessore al territorio dell'Amministrazione Provinciale, Stefano Valli (sempre di Forza Italia), viene coinvolto in un caso politico, a causa del progetto di una massiccia urbanizzazione ad Olgiate Comasco che lo vede interessato nella doppia veste di amministratore pubblico e di privato professionista.


Due episodi che fanno riflettere, così decidiamo di prendere visione di tutte le società in cui hanno quote gli amministratori di Provincia e Comune di Como. Emergono così intrecci curiosi, con società che comprendono politici e loro parenti e amici e amici degli amici.


Ne parliamo con il direttore che ci sprona ad approfondire ancora di più la questione, ampliando l'inchiesta a trecentosessanta gradi. Arriviamo ad inizio della scorsa settimana, quando spulciando tra le carte ci imbattiamo in un'agenzia di viaggi in cui compaiono tra soci e amministratori una dozzina di nomi, tra cui il sindaco di Como, sua moglie, il presidente della Compagnia delle Opere, il direttore dell'Associazione Provinciale Artigiani, nonché politici dell'Udc e altro ancora. Pubblichiamo un articolo "pulito", stile agenzia giornalistica, accompagnato da un grafico e da un titolo un po' aggressivo ("Veronelli, la politica in viaggio d'affari") ma per nulla pesante. Il giorno dopo scoppia un putiferio. L'accusa, più o meno velata, è che così scrivendo favoriamo una parte a scapito dell'altra (nella fattispecie l'ala liberal di Forza Italia a scapito della componente ciellina). Un'accusa infondata, tanto che il giorno successivo rincariamo la dose, pubblicando l'elenco delle società (ben 15, quasi tutte immobiliari) di Giorgio Pozzi.

Il resto è cronaca da leggere sul giornale.


Qui volevo semplicemente far presente come spesso le notizie non sono frutto di un caso di una macchinazione. In questa circostanza, se il direttore fosse stato più timoroso, se i suoi collaboratori diretti gli avessero consigliato prudenza, invece di sostenerlo, se la mia collega Gisella non avesse messo a disposizione tempo e capacità professionali per controllare carte e fonti e se l'altro mio collega, Emilio, non avesse fiutato fin da subito la bontà dell'inchiesta, spronando ed aiutando in ogni modo, non una riga sarebbe uscita e a mio modo di vedere la città avrebbe avuto un'occasione in meno per fare chiarezza e, tutto sommato, per essere migliore.

Foto by Leonora

Due palle e una morale


Oggi sono stato per buona parte della giornata con Roberto Di Caro, un giornalista de L'Espresso di passaggio a Como. Tra i molti aneddoti che mi sono fatto raccontare, ne voglio riferire uno che rende onore a Giulio Anselmi, definendone la grandezza di direttore (attualmente de La Stampa) e di uomo.

Quando arrivò a L'Espresso - mi ha detto Di Caro - Anselmi per un anno rivoluzionò tutto quanto. Un giorno, su "imbeccata" di una sua amica, Anselmi venne a sapere di una certa situazione nella sua stessa città, a Genova. Così mandò per affrontare la questione Di Caro, il quale andò ma descrisse la situazione esattamente al contrario di quanto avesse riferito l'amica del direttore. Ebbene, non solo Anselmi non fece una piega, disse al vice direttore di pubblicare senza problemi l'articolo e dopo di allora "promosse" di fatto il giornalista, affidandogli servizi sempre più delicati e prestigiosi. Una grande dimostrazione di cosa dev'essere un capo, che riconosce e ricompensa il valore dei suoi uomini dal carattere e dal coraggio.
Morale della storia: un giornalista e più in generale un collaboratore con le palle è fondamentale, almeno quanto un capo che - a dispetto dei santi - lo metta nelle condizioni di lavorare.

Foto by Leonora

lunedì 10 novembre 2008

Quarantadue a zero


Quarantadue. Oggi compio gli anni e c'è poco altro da aggiungere. Quarantadue anni sono molti se li penso di qualcun altro ("Vai con uno di quarant'anni? Ma è un vecchio!" m'è capitato di dire pochi mesi fa a un'amica, senza badare che quel vecchio potevo essere io) mentre se penso ai miei mi sembrano un niente, un soffio. Non ricordo nessun compleanno in particolare, se non uno a cavallo dei trenta o forse era proprio quello dei trenta, con una festa a sorpresa nella vecchia casa di via Varesina e due metri di panino con la Nutella. Le feste di compleanno non sono mai stato il mio forte, anche se adesso, seduto qui, penso che forse avrei dovuto essere meno burbero. Comunque oggi lavorerò, mentre ieri ho avuto un meraviglioso pranzo in famiglia, una famiglia allargata, e poi prima che fosse sera quattro pasticcini e un regalo davvero speciale. A La Provincia, dove lavoro, abbiamo creato una pagina di Facebook e con Frenz abbiamo fatto una scommessa, cioè lui l'ha fatta con un mio collega, Francesco Chillino: arrivare a 500 fan prima di mercoledì. Chissà se ci riusciremo... Da ultimo, visto che al compleanno si perdona un po' tutto, vorrei esprimere la mia opinione su ciò che ha detto Berlusconi a proposito di Barak Obama: "E' giovane, simpatico e abbronzato". Ne è nato un putiferio, con per primi i giornali americani a sottolineare quanto fossero offensive, seguito poi dalle polemiche in Italia. Ebbene, io che a Berlusconi non perdonerò mai l'uso superficiale delle parole (ogni cosa detta da lui vale il suo contrario) questa volta non mi sono scandalizzato. Ha detto una gigioneria, come spesso capita agli uomini di potere, credendo di fare il simpatico. Forse non c'è riuscito, ma dire che un nero può esser considerato un uomo molto abbronzato non mi pare una vergogna, o un'offesa o peggio, com'è stato pur scritto, un segno di razzismo. Lo scrivo, conscio di potermi attirare molte antipatie, perché sono convinto che l'unico modo di combattere il non senso dato alle parole, sia quello di riappropriarsene, smettendola di dividere ogni frase in bianco o nero, bensì sapendo individuare una scala di colori, distinguendo ciò che vale uno, due, tre, dieci o zero.
Foto by Leonora (ed è un mese che aspetto il mio 42esimo compleanno, così da poter mettere questa foto)

mercoledì 5 novembre 2008

The light and the black


Così Obama ha vinto. Ci speravo, è ovvio, d'altra parte la mia opinione contava come uno zero al quoto e devo dire che nove volte su dieci il mio pensiero si discosta da quello dei più (ricordo a tutti che il politico che preferisco si chiama Romano Prodi, un galantuomo che a me piace persino quando parla e con questo ho detto tutto). Detto ciò, ieri in diretta mi hanno commosso le lacrime di Jesse Jackson, il reverendo che al pari di Giosuè è passato dalla tribolazione, ricevendo in dono di vedere ed entrare nella terra promessa. Avendo in uggia la retorica dei comizi, quelle lacrime in privato di Jackson, inquadrato dalla telecamere mentre si trovava in mezzo alla folla che attendeva il risultato delle elezioni, mi hanno commosso. Non lo conosco molto, sono sempre stato un suo osservatore distratto, ma ieri ho pensato che aveva sognato con Martin Luther King, vedendolo poi ammazzato, e che per anni e anni si è candidato alle nomination democratiche, certo che un nero non sarebbe mai stato scelto. Ieri invece il miracolo s'è realizzato. Comunque vada a finire (e speriamo non in un modo violento, cosa che purtroppo temo) è un buon segno.

Foto by Leonora

Il regalo più bello


Auguri, Giovanni. Oggi è il tuo sesto compleanno e tu te ne dormi beato, mentre io sono qui che mi gusto la lunga diretta elettorale, sperando che alla fine Barak Obama diventi presidente degli Stati Uniti, pur se non mi dispiace McCain, che quando si schierava contro Bush era considerato un repubblicano originale e per niente bigotto. Sei anni e hai imparato a leggere da poco e mi fai sorridere quando te ne esci con espressioni che sorprendono. "Sono esausto" ci hai detto l'altro giorno, con quell'aria tra l'annoiato e l'infastidito, che ti fa sembrare già un adulto, nonostante tu sia alto non più di un soldo di cacio. Dei tre figli sei quello più indipendente e più capriccioso. Te ne stai anche per ore a giocare da solo, con i Gormiti o i mattoncini del Lego, oppure a colorare, per mostrarmi poi il foglio, tutto orgoglioso. E sei lo stesso Giovanni che da adorabile si trasforma in una furia e che strilla come un ossesso, non ascoltando niente e nessuno. Niente e nessuno tranne me, che so come prenderti e non mi faccio mancare di rispetto. "Un duce" dice tua madre. Forse è vero, però non so essere diverso e sono lo stesso con cui giochi e che ti fa morire di solletico o ti sveglia pian piano, ogni tanto, al mattino, senza forzature, ma entrando nel tuo letto e grattandoti la pancia, fingendo di annusarti come farebbe un orso, un lupo. Auguri, Giovanni. Oggi è il tuo primo compleanno che festeggerai senza il nonno. Sei nato il suo stesso giorno, il 5 novembre, sessanta cinque anni dopo. Lui ci ha salutati per l'ultima volta nel gennaio scorso e sono certo che - insieme alla nascita di tuo fratello Giacomo, il suo primo nipote - la coincidenza del tuo arrivo nel giorno del suo compleanno è stato il suo momento più lieto. Sicuramente lo è stato per me, che quel giorno vedevo congiungersi perfettamente il passato e il futuro. Auguri Giovanni, sei nato come me, in questo mese di novembre grigio e splendido. E ho voluto scrivertelo qui, per non stare a svegliarti, che dormi un po' accaldato ma quieto. E quando spegnerò il computer, come ogni sera, entrerò nella stanza tua e di Giorgia e di Giacomo per ascoltarvi respirare e sentire il vostro odore di pulito, di buono. Ogni sera, così, il più bel regalo lo ricevo io.
Foto by Leonora