Ripartiamo da me. Stasera ho voglia di farlo, di tornare a intrecciare fili (vedi foto a fianco) che - in apnea da nuovo lavoro - da tempo non annodo.
C'è una frase di una canzone di Concato che mi assomiglia. Dice: "Sì, non ci si può fidare, di uno che vivrebbe bene in un motel. Senza niente, senza neanche il mare..."
Io sono così. Vivo in un bel posto, sono fortunato in famiglia, con le amicizie e sul lavoro, però mi accontenterei di un locale pulito, con bagno annesso (quello sì, irrinunciabile) e un libro. Il resto mancia.
Estremizzo, ma neppure tanto. Ed è per questo che non è facile vivermi accanto, sopportare il mio scarso badare alle cose pratiche, la tendenza a rimandare le cose. Se non avessi incontrato Isabella forse non sarei sposato, non avrei figli, casa e un canarino.
Su certe cose mi so accontentare e forse questo è il trucco per ricevere molto. Lo scrivo in termini generali, perché ogni mantello di Diogene ha i suoi bei buchi e a volte capita che mi imbronci o cambi d'umore per stupidaggini. La Bibbia ha una parabola anche per questo. E' quella del profeta Giona, che si arrabbia con Dio perché il caldo fa seccare la pianta di ricino che gli faceva ombra, procurandogli sollievo. Anche nel giardino che sono le mie giornate crescono e seccano molte piante di ricino. E ogni volta mi spazientisco. Indifferente sulle grandi cose, meticoloso nelle piccole. Ecco perché mi rendo conto di esser "pesante" da sopportare. Lo ammetto, a mo' di espiazione.
Per concludere questa sera (notte) di confidenze, riporto la frase che una ragazza rumena mi ha detto l'altro giorno, raccontandomi l'infanzia grama, ma di un gramo vero, che ha avuto.
"Ogni cosa che non ti uccide ti aiuta a crescere - mi ha detto, sorridendo - e ogni calcio nel sedere sono due passi in avanti più in là".
Saggezza vera.
Foto by Leonora
C'è una frase di una canzone di Concato che mi assomiglia. Dice: "Sì, non ci si può fidare, di uno che vivrebbe bene in un motel. Senza niente, senza neanche il mare..."
Io sono così. Vivo in un bel posto, sono fortunato in famiglia, con le amicizie e sul lavoro, però mi accontenterei di un locale pulito, con bagno annesso (quello sì, irrinunciabile) e un libro. Il resto mancia.
Estremizzo, ma neppure tanto. Ed è per questo che non è facile vivermi accanto, sopportare il mio scarso badare alle cose pratiche, la tendenza a rimandare le cose. Se non avessi incontrato Isabella forse non sarei sposato, non avrei figli, casa e un canarino.
Su certe cose mi so accontentare e forse questo è il trucco per ricevere molto. Lo scrivo in termini generali, perché ogni mantello di Diogene ha i suoi bei buchi e a volte capita che mi imbronci o cambi d'umore per stupidaggini. La Bibbia ha una parabola anche per questo. E' quella del profeta Giona, che si arrabbia con Dio perché il caldo fa seccare la pianta di ricino che gli faceva ombra, procurandogli sollievo. Anche nel giardino che sono le mie giornate crescono e seccano molte piante di ricino. E ogni volta mi spazientisco. Indifferente sulle grandi cose, meticoloso nelle piccole. Ecco perché mi rendo conto di esser "pesante" da sopportare. Lo ammetto, a mo' di espiazione.
Per concludere questa sera (notte) di confidenze, riporto la frase che una ragazza rumena mi ha detto l'altro giorno, raccontandomi l'infanzia grama, ma di un gramo vero, che ha avuto.
"Ogni cosa che non ti uccide ti aiuta a crescere - mi ha detto, sorridendo - e ogni calcio nel sedere sono due passi in avanti più in là".
Saggezza vera.
Foto by Leonora