Nessuno di noi nasce dal nulla, nemmeno professionalmente. Qualche giorno fa, commentando una fotografia che Mauro Maggi ha pubblicato sul gruppo 
FB di Espansione 
Tv, mi è capitato di pensare alle persone che mi hanno portato a lavorare lì e ho invitato anche gli altri a raccontare per quali strade si sono poi trovate accomunate. Un gioco, nulla di più. Un gioco per costruire una sorta di "albero genealogico" della televisione di Como, dove nel 1989 ho aiutato a fare una telecronaca e da cui me ne sono andato pochi mesi or sono, a giugno.
Lo scrivo qui, 
perchè da quel giorno penso di mettere qui, per esteso, le persone a cui devo essere grato per essere arrivato, nel bene e nel male, al presente in cui mi trovo.
Dunque, in principio c'era Stefano 
Guzzetti, mio compagno di liceo, che terminate le scuole superiori cominciò a scrivere qualche articolo per La Gazzetta di Como, diretta da Angelo 
Curtoni e dove lavoravano, tra gli altri, Francesco 
Angelini, Roberto 
Festorazzi e 
Lilliana Cavatorta. Un giorno, era la metà degli anni Ottanta, Stefano disse a me e al mio ex compagno di banco (che mi aiutò a superare la maturità) Mauro Colombo se eravamo interessati a scrivere qualche articolo di basket sulla Pallacanestro Cantù.
La faccio breve: prima con Mauro e poi da solo scrissi su Cantù e anche sulla Comense di basket femminile. A Cantù conobbi Dino 
Merio, a cui mi rivolsi quando La Gazzetta di Como chiuse. Lui mi affidò una rubrica su Cantù Basket e un giorno, quando il telecronista ufficiale della Comense (Eugenio Cremona) se ne andò in gita con le classi del collegio Gallio, lo stesso Dino 
Merio mi propose di fargli da seconda voce. Fu la mia prima telecronaca e balbettavo, faticando persino a far uscire dalla gola un filo di voce. Era il 1989, credo. Qualche mese dopo 
Lilliana Cavatorta, che in 
tv lavorava, mi domandò se ero interessato a realizzare i servizi di basket per il 
tg e con Giovanna 
Salvadori come conduttrice ci cimentammo anche in dirette televisive la domenica pomeriggio. Intanto frequentavo l'Università Cattolica e con La Provincia cominciai una collaborazione, realizzando articoli riguardanti il mio paese. In redazione, allora in Via 
Anzani, c'erano Giorgio 
Brusadelli, Marengo e Barocco. Conservo ancora i ritagli di quel tempo, che durò non a lungo (ad 
Olgiate l'ombra lunga i Roberto 
Caimi giunse fino a 
Lurate oscurando le mie velleità e inducendomi a ritirarmi in buon ordine, 
mantenendo invece il rapporto con la 
tv).
Nella seconda metà degli anni Novanta, l'attuale direttore dei programmi di 
Etv, Carlo 
Nicolella, chiese al vice direttore del telegiornale, Mario 
Rapisarda, se conoscesse qualcuno da utilizzare come inviato per una nuova trasmissione pomeridiana che aveva in mente. Credo che la concorrenza fosse più che scarsa, poiché Mario propose me. Mi misero alla prova all'inaugurazione della pista del ghiaccio, in piazza Cavour. Avrebbero dovuto esseri ospiti, ricchi premi e 
cotillons, invece per due ore mi ritrovai solo, in diretta, di fronte a una telecamera. Intervistai i passanti al volo e nei non rari momenti vuoti, non mi persi d'animo, chiacchierando del più e del meno. Fu così che 
Nicolella si convinse di ingaggiarmi per la trasmissione chiamata Al 9000, condotta da 
Elda De 
Mattei e con il sottoscritto "
live", dai posti più disparati (persino in mezzo a un gregge di pecore) tutte le sere. Nel frattempo Adolfo 
Caldarini, direttore del 
tg di Espansione, tornò a Como per fondare un nuovo giornale (Il Corriere di Como) e sempre con Mario 
Rapisarda mi chiese di collaborare, scrivendo sempre di basket e poi affidandomi una galleria di personaggi da intervistare, pubblicando l'articolo a tutta pagina, ogni domenica (alla fine ne collezionai oltre duecento, tra cui Gianfranco Miglio, Gianni 
Clerici, Giuseppe 
Pontiggia, Massimo Fini: sono tutte in Internet e il link lo trovate nei banner di questo blog). Nel 1999, gli stessi 
Caldarini e 
Rapisarda mi offrirono un lavoro a tempo pieno: capo redattore del telegiornale di 
Etv. Per me era toccare il cielo con un dito. Per dieci anni sono stato lì, fino a che, nella primavera di quest'anno, Giorgio 
Gandola mi ha chiamato a La Provincia, con una decisione coraggiosa ai limiti della sfrontatezza, per la quale non gli sarò mai abbastanza grato.
Riassumendo: da Stefano 
Guzzetti a Giorgio 
Gandola passando per Dino 
Merio, 
Lilliana Cavatorta, Carlo 
Nicolella, Adolfo 
Caldarini e Mario 
Rapisarda. Se non ci fossero stati loro, non sarei dove sono. Forse l'umanità ne avrebbe tratto migliore giovamento se a quest'ora costruissi case o raccogliessi rottami metallici o insegnassi in qualche scuola invece di fare il giornalista, ma 
tant'è. Di una cosa però desidero si conservi memoria: a loro, a tutti loro, sono grato. E non c'è mattina che mi alzi senza sentire la responsabilità di ripagare la fiducia che essi, di volta in volta, hanno riposto in me.
P.S. Sabato, alle 18, ad Appiano Gentile ci sarà una messa in suffragio di Stefano 
Guzzetti, morto di leucemia quando aveva vent'anni. Io quel giorno lavoro, ma farò di tutto per esserci. Come ho scritto qui, gli devo più di molto: gli devo tutto.
Foto by Leonora