Da quattro o cinque giorni covava qualcosa e sbuffava quanto una mantice. Una locomitiva, meglio, anche se - per motivi giorni prima evidenti e poi via via sfumati - dallo scorso fine settimana non c'eravamo scambiati verbo. Così quando ieri sera l'ho vista attraversare tutta la sala, afferrare il microfono e chiedere la parola mi sarei voluto fare piccolo piccolo e scomparire persino, temendo che fosse fraintesa o che vista l'ora tarda e il clima torrido della serata la pazienza del pubblico fosse ancora più labile e poco propensa ai distinguo e alle provocazioni fuori tema (in certe circostanze la platea è una tigre, assai più propensa ad azzannare che ad essere addomesticata). Man mano che parlava tuttavia, mi rendevo conto di quanto il mio timore fosse meschino e il suo ardire evidente, limpido, contagioso persino.
Il soggetto è mia moglie, Isabella, e il contesto il consiglio comunale aperto indetto dal sindaco Palamara per spiegare le ragioni della chiusura delle scuole di via Bulgaro e l'ammassamento improvviso, improvvisato e provvisiorio nella struttura di via Volta. Una serata a cui ho partecipato per non tradire le aspettative di Isabella, appunto, e di mio figlio maggiore, Giacomo, che ha un senso civico inversamente proporzionale alla passione per la matematica.
Ora, della serata in sé non ho molto da dire. Quattro o cinque cose al massimo, a mo' di appunto.
Primo: osservando le reazioni della gente m'è parso di cogliere una rabbia, un'insofferenza, pronta a sfociare addirittura in violenza. Ormai si percepisce chiunque come "casta" dappertutto e come mi diceva Martina a pranzo, quest'oggi, "in ogni politico vedono Fiorito".
Secondo: il torto maggiore del sindaco credo sia stata la poca chiarezza e i molti punti interrogativi di tutta la faccenda, che hanno portato a una discussione surreale per qualunque osservatore esterno. Un po' come chiedere a un bambino: vuoi più bene al papà o alla mamma?
Terzo: se tutto fosse chiaro e alla luce del sole, non c'era neppure da discutere. Il sindaco nel maggio scorso, prima delle vacanze estive, avrebbe chiamato i genitori, informato dello stato della struttura di via Bulgaro e ordinato verifiche puntigliose sullo stabile, in modo da arrivare a inizio settembre con una relazione tecnica esaustiva e decidendo insieme il dà farsi, se chiudere la scuola e procedere immediatamente ai lavori oppure, in caso di nessun pericolo, avviare tranquillamente le lezioni. Così non è stato: per mesi non hanno detto nulla, poi ad agosto inoltrato la decisione e a settembre la sorpresa.
Quattro: i tempi della decisione, i modi e la scarsa informazione hanno portato il sospetto che oltre la nobile facciata dell'attenzione per la sicurezza degli innocenti si celasse un'astuta (apparentemente astuta) scelta politica, cioè quella di un valzer degli edifici scolastici, ungendo la volontà amministrativa con il fenomenale balsamo della necessità tecnica.
Quinto: più che i disagi, decisiva in questi giorni mi pare esser stata la sensazione di esser presi in giro che accomuna molti genitori. Nessuno sano di mente può infatti biasimare una scelta che va nella direzione della sicurezza, ma se sento che questo è il tranquillante per far passare altre decisioni sopra la mia testa, allora mi arrabbio e mi impunto, pretendendo chiarezza.
Per il resto, concordo con quello che ha detto Isabella, la cui scintilla che ha scatenato il sacro fuoco è stata la visita che ha fatto ieri pomeriggio nel cantiere quasi ultimato della biblioteca, che il sindaco vuole trasformare cocciutamente in scuola. "E' bellissima, un gioiello" dice Isabella, che a differenza mia non ha abbandonato la speranza che il primo cittadino si ricreda, che non compia lo scempio di fare come si fa con i vestiti vecchi, ricavando un paletot da una giacca o mettendo insieme una scarpa e una ciabatta.
"Cambiare la destinazione d'uso significa affossare definitivamente la possibilità che nel centro di Lurate sia piantato un seme di conoscenza, di dialogo, di incontro, di cultura". Questo ha detto Isabella, senza badare al fatto che sulla persona Rocco Palamara non abbiamo pregiudizi, che per noi è un onore avere per amica sua moglie Teresa e i suoi figli Giuseppe e Simone e anche lui, che abita dirimpetto a nostra cognata ed è sempre cortese, gentile. Però se come sindaco sbaglia non glielo mandiamo a dire. Mia moglie più di me, perché oltre ad esser più chiara è pure più coraggiosa ed è anche in momenti come questo che io sono fiero di averla sposata.