Foto by Leonora |
Un fatto di cronaca come tanti e unico insieme, un balzo dal settimo piano che ha infranto la vita di due persone e aperto sull'abisso anche la ragione, incapace di comprendere e timorosa persino di provarci, preferendo volgere lo sguardo e l'attenzione altrove, per un pudore che assomiglia all'istinto di sopravvivenza: quando non si può far nulla e inutile stare a bagnomaria nello sgomento, meglio voltare pagina.
Poi però, insidiosa quanto un tarlo, la curiosità cresce e con essa il desiderio di trovare almeno un appiglio in ciò che appiglio non ha. I dettagli che via via si aggiungono alla vicenda nuda peggiorano la situazione, facendo crescere l'inquietudine, non consentendo di scorgere la fine del pozzo, bensì lasciando l'impressione che quel pozzo un fondo non l'abbia.
Non si spiegherebbe altrimenti la scoperta che quel gesto non è stato frutto di un'stante di follia, bensì era voluto, studiato, calcolato, meditato, come spiegano le parole lasciate in tre pagine di scrittura minuta e fitta, un odio tanto grande da non trovar pace se non nell'annientamento dell'altrui gioia, vita, bellezza.
Ho figli adolescenti, non riesco a fare finta di nulla, a soffocare il timore che uno di loro possa diventare carnefice o vittima, che confonda a tal punto rabbia ed amore da non rispettare l'esistenza altrui né la propria. Magari non con un gesto così estremo, ma con tanti gesti piccoli e grandi che avvelanano le relazioni e le snaturano per gelosia, possessività, per quell'istinto deviato che tutto offusca, acceca.
A loro, a Giacomo, a Giorgia, a Giovanni vorrei dire che non esiste amore né innamoramento che non si accompagni alla gioia, alla serenità, e che chi vuole ottenerlo altrimenti non riceve in cambio che un pugno di ossa. Vorrei dire che l'amore non si prende né tanto meno pretende, bensì si dona, accettando chi non lo accetta, e non esiste passione che non sia buona, generativa.
Non so per quale seme gramo, per quale contagio dannoso invece di volere il bene dell'altro a cui si dice di voler bene lo si tormenti o addirittura distrugga. L'unica cosa che posso fare è alzare la guardia, parlare di questo argomento, invitare chi mi è vicino non soltanto a non fare alcun male ma anche ad esser sentinella nella propria scuola, all'oratorio, in compagnia, affinché non si resti mai soli, né in cima a un palazzo, né nelle troppe occasioni in cui la prepotenza diventa sgarbo, minaccia, violenza.