“Cambiare” e “convertirsi” sono verbi che si somigliano: entrambi occorre declinarli alla prima persona singolare, se si vuole che si realizzino.
Di questo, con gli anni, mi sono convinto: l’unica certezza di cambiamento comincia dall'io, da sé stessi. Limitarsi all'auspicio o alla pretesa che gli altri possano o debbano farlo è inutile, prima ancora che sbagliato.
Mutare il modo di pensare, i propri convincimenti, gli schemi mentali, non è semplice, figuriamoci le azioni, i comportamenti.
Il cambiamento suscita sempre resistenza, ansia, smarrimento.
Di contro, osservo con stupore la disinvoltura con cui avviene nella natura, specialmente in questa stagione, che del cambiamento è il simbolo.
In essa trovo agio, forse perché in un mese d’autunno sono nato.
Adoro il calore dei colori, che sostituisce quello sulla pelle, ad agosto; il taglio della luce all'alba e al tramonto; le piante che si spogliano del superfluo, andando incontro all'inverno; il profumo greve, dolciastro, della frutta che nessuno coglie, per terra o sull'albero, e che rimanda all'eccedenza, all'abbondanza senza calcolo, senza risparmio: l’unica unità di misura che conosce la natura o, per chi crede, Dio.
P.S. “A scrutare gli abissi altrui siamo bravissimi, ad esplorare i nostri un po' meno” mi scrive David. È vero. Soffriamo di presbitismo. Lontano vediamo benissimo, invece tutto si sfoca man mano che ci avviciniamo. Cercherò di ricordarlo e di farne un buon proposito nei prossimi mesi. Cominciando a cambiare io, per primo.