Foto by Leonora |
Andar di corsa spesso è una nostra scelta, a volte consapevole, quasi sempre inconscia, per rispondere al bisogno di equilibrio a cui ogni essere umano anela e che al giorno d'oggi rischia di infrangersi ogni qualvolta si rallenta o, peggio, ci si ferma, proprio come accade quando si va in bicicletta. E' così che tutto finisce nella centrifuga, compresi rapporti, relazioni, affetti, emozioni che invece, per loro stessa natura, necessiterebbero di tempo, quiete, calma, pazienza.
Uno scatto in avanti, una continua tensione che in sé non è negativa, anzi, potrebbe esser definita l'impronta digitale del genio, della forza creatrice che procede per strappi, per salti, e abbraccia l'ignoto senza curarsi di cosa lascia sotto, senza corde di sicurezza o rete protettiva.
Anche per il miglior trapezista arriva tuttavia il momento di fermarsi un istante, non fosse che per quel secondo tra l'asta che lascia e quella che arriva o perché il triplo carpiato è finito e si rimane in cima alla torre, sentendo nelle orecchie gli applausi e nelle vene l'adrenalina.
Le poche righe che ho scritto vorrebbero essere questo: il momento in cui si riprende fiato, una bolla spazio temporale senza attorno nulla, il minuto che ritagliamo per noi stessi, per guardarci come fossimo allo specchio e vedere chi siamo, chi siamo diventati, per ricordare che siamo fragili come ala di farfalla ma pure unici, irrepetibili, portatori di un seme che non è soltanto corpo, ma anche spirito, anima, bontà, bellezza.