Foto by Leonora |
Ho trascorso settimane da solo con me stesso, da solo anche quando ero in mezzo agli altri, pure i momenti in cui ridevo, scherzavo, chiacchieravo come se nulla fosse, all'apparenza tale e quale al Giorgio che sono sempre, in realtà più pensieroso del solito, persino un filo più preoccupato, senza un motivo preciso, semplicemente con un desiderio di fare ordine, di vedere chiaro, di eliminare i lacci e lacciuoli che limitano e vincolano al passo dopo passo quotidiano, come quei cavalli o quei buoi da tiro che tengono la testa bassa e non hanno altro orizzonte del solco già tracciato, del metro di terra davanti al loro naso.
Ogni tanto mi capitano i periodi così, in cui sono "selvatico" e in un certo senso ricarico le batterie, metto in fila sulla scacchiera torri, pedine, alfieri, regine e cavalli, senza conoscere la mossa che mi aspetta ma preparandomi a farla, in qualsiasi modo.
Tra i mille pensieri, a volte lisci e fini come fili di nylon, a volte ispidi e intrecciati o aggrovigliati che è difficile persino comprenderne coda e capo, quello della "fiducia" è rimasto pressoché fisso.
Fiducia generazionale, tra padri e figli; fiducia negli ambienti di lavoro, tra chi sta sopra e chi sotto; fiducia tra chi gestisce la cosa pubblica e chi è semplice cittadino; fiducia tra amici; fiducia anche in se stessi, nelle proprie abilità, nelle doti che ciascuno di noi ha, nella capacità di imparare dagli errori che facciano e di non ripeterli con la cocciutaggine di chi continua a pestare la testa contro un muro.
Fiducia. Fiducia come base di partenza, come atteggiamento. Fiducia come virtù, fiducia anche come proposito buono, come conquista quotidiana, con meno tensioni e più serenità. Fiducia come stile, come modo di vivere, meglio. Che tutto ciò sia utile poi non lo so: ma mi fido.