Valentina punta sul mio senso di colpa per farmi scrivere sul blog e, come può notare di persona, funziona. Lo farò anche domani, ch'è una data speciale (non aggiungo altro).
In questi giorni, come forse ho già detto, leggo e rileggo "Il Signore degli Anelli". Di Tolkien mi stupisce la fertile fantasia: è come se io, acqua che salta da un rio a un fosso, conteplassi un grande fiume, che si dispiega per valli e pianure, possente e immenso. Per me, centometrista della parola, la maratona Tolkien è al contempo meta ambita e irraggiungibile. In più rimango affascinato dalla capacità di battezzare nomi: nel romanzo ce ne sono a migliaia, belli da leggere e ancor più da pronunciare. Erri De Luca da qualche parte ha scritto che prerogativa dell'uomo rispetto al resto del creato è quello di "dare nomi". Tolkien non ha eguali, non che io conosca, almeno. Pochi minuti fa mi sono imbattutto in una frase di Faramir, fratello di Boromir, che mi piace assai e che riporto qui:
"La guerra è indispensabile per difendere la nostra vita da un distruttore che divorerebbe ogni cosa; ma io non amo la lucente spada per la sua lama tagliente, né la freccia per la sua rapidità, né il guerriero per la gloria acquisita. Amo solo la città che difendo: la città degli Uomini di Nùmenor; e desidero che la si ami per tutto ciò che custodisce di ricordi, di antichità, bellezza ed eredità di saggezza. Non desidero che desti altro timore che quello riverenziale degli Uomini per la dignità di un anziano saggio".
Scrivo queste cose, mentre contemplo il panorama dalla finestra di casa e i miei tre figli guardano "Zack e Cody al Grand Hotel", su Disney Channel. Non ne farò un dramma. Anch'io, quando avevo la loro età, preferivo la tv ai libri e Antenna Nord (la mamma di Italia Uno) si faceva un baffo di Tolkien, Aragorn, Gandalf, Boromir, Frodo, Saruman, Sauron e compagnia. Se c'è una cosa che non posso imputare ai miei genitori è di avere mancato di pazienza. Anche questa la considero eredità di saggezza.
Foto by Lyonora