Foto by Leonora |
Un caso lo conosco da vicino: un frammento di trasmissione della televisione in cui lavoro.
Risale a quasi un mese fa, ma è diventato famoso ieri l'altro, dopo essere stato ripreso da una pagina che va per la maggiore in Facebook. L'episodio in sé è simpatico: una ragazza ospite di un programma sportivo di intrattenimento - una sorta di Quelli che il calcio in versione locale - viene invitata dal conduttore a leggere la classifica di serie A e confonde i punti con la posizione.
La gaffe è talmente clamorosa da farci quattro risate e in effetti le fanno, le facciamo anche noi e pure lei, quando glielo fanno notare. Basta però che il taglia e cuci di quell'intervento sia pubblicato sulla pagina di "Calciatori Brutti" e si scatena l'inferno. Non soltanto risate, com'è giusto, ma una pletora sterminata di insulti, di illazioni, di offese, che vanno dalle ipotesi più ardite sul motivo per cui la ragazza è stata invitata in studio alle prefiche sull'assenza in Italia del concetto di merito e via di questo passo, tromboneggiando, spargendo sale e fiele, spalleggiandosi l'un l'altro, in una gara a chi la spara più grossa e si indigna di più e denigra peggio. Con conseguenze e frasi sconclusionate che sarebbero anch'esse divertenti se non contenessero una tale carica di odio da far passare in secondo piano tutto il resto.
Perché lo scrivo qua? Per un motivo spiccio e personalissimo, perché queste pagine al nocciolo hanno un destinatario fisso, cioè i miei figli, chi sta diventando cittadino del mondo. Senza alzare la voce, allora, senza pretendere di essere ascoltato quale oracolo, vorrei che non vestissero mai i panni del fustigatore becero, vorrei che non si confondessero nel gruppo e menassero legnate senza cervello.
E' vero che ho insegnato loro a ridere di tutto, persino dei fatti più tragici, e che preferirei perdere un amico piuttosto che una battuta, ma tra l'ironia o il sarcasmo persino e la clava dell'insulto passa un oceano intero. Affondarci è facile, specialmente in gruppo.
P.S. Ludovica, entrata nell'occhio del ciclone, ha tutta la mia solidarietà. La sua gaffe è assai più innocente e meno grave delle offese e delle inesattezze nei suoi confronti. Volevo dirglielo, anche in pubblico.