Oggi termina ottobre e con esso il primo mese del mio blog, costruito lacrime e sangue. Soprattutto lacrime, nel sentirmi un uomo dell’Ottocento, avvezzo all’utilizzo delle tecnologie quanto un orso marsicano. Il fatto che è un conto la teoria, un altro la prassi. E della Rete mi hanno sempre appassionano le teorie su un nuovo modo di informare, sulle attuali forme di comunicazione, sulle sconfinate praterie della relazione interpersonale. Provate voi, allora, a zappare un orticello fatto di parole incomprensibili pur se tradotte in italiano (link, tag, code…) per allestire qualcosa che si vorrebbe simile al sito del New York Times e invece sembrano le pagine del quaderno di mia figlia Giorgia. In ogni caso, il blog c’è e non è tradito lo scopo per cui è stato realizzato (“esperimento per comunicare con gli amici che vedo sempre meno e che possono avere così un'idea di ciò che mi passa per la testa”, come direbbe il mio amico Marco).
In questo mese, ho scoperto cose incredibili, mentre altre mi restano completamente misteriose.
Un rapido elenco, assai superficiale e per altro non esaustivo.
- Un blog ha molti visitatori, con dinamiche originali di provenienza.
- La maggior parte di chi ti visita se ne frega di commentare quello che scrivi.
- A rileggere certi miei post capisco pure il perché.
- Una delle motivazioni sovente non dichiarate da parte di chi realizza un blog è di acquisire fama, di “diventare qualcuno” in un ambito pur circoscritto a chi utilizza il web.
- Qualcuno, accecato dalla vana gloria o forse speranzoso di poterci un giorno guadagnare, può utilizzare qualche espediente, facendo leva sui meccanismi che determinano il seguito o l’autorevolezza del proprio blog.
- La vanità è allettante e anch’io, quando questo blog è uscito dalla clandestinità, sono stato tentato di conoscere quanti visitatori ha, chi lo “linka”, il “rank” che ha e quello che potrebbe avere… Ma poi ho aperto gli occhi e ho deciso che non voglio me ne importi nulla. Per cui questo blog, fino a nuovo ordine, rimarrà “derankirizzato”.
- Buona parte di questa decisione è dovuta al fatto che al momento dell’adesione a Google Analytics mi sono impantanato al momento di ricopiare non ricordo più bene quale codice nell’apposito spazio tra il tag e qualcosa d'altro. Quel giorno ho perso un’occasione di autostima e di crescita tecnologica, ma mi si è aperto una spazio di riflessione che altrimenti non avrei neppure sognato.
- La bellezza di un blog è che in teoria lo possono veder tutti, ma che rimane nascosto a persone che lo hanno tutto il giorno sotto il naso.
- La bruttezza di un blog e che magari ti stanchi e cominci a trascurarlo e rimane in Rete la tristezza di scritti risalenti all’anno addietro, a stagioni passate, a foto ingiallite (nel senso metaforico, poiché nessuno ha ancora pensato a una versione seppia delle foto a mano a mano che passa il tempo)
- Nei primi 30 giorni ho già conosciuto gente in gamba, mettendo in pista, per chi gravita su Como, persino una “blog pizza” (doveva essere il 12 novembre, ma quando si è in tanti, si sa, accordarsi non è facile, tuttavia ci stiamo lavorando).
- Tra gli ostacoli più ardui, ci sono i Feed Rss, che dovrebbero essere facili facili da usare, di cui ho letto svariate spiegazioni e che mi sono stati spiegati più volte anche a voce, ma che rimangono un oggetto oscuro.
- Un'altra nebulosa è quella delle targhette bellissime, che sembrano le mostrine di un generale americano in pensione, o la collezioni di spille in regalo con i formaggini Tigre, che rimandano a mondi patinati (“GoogleAddicted”, “Technorati”, “BlogBabel”, “Newsgator”…) e a cui ancora non oso avvicinarmi.
- Lo stile di un blog, essendo almeno il mio una sorta di diario personale, è assai differente dagli strumenti con cui di solito ho a che fare, soprattutto i giornali. In pochi centimetri ci sono tre mie foto, nello scrivere utilizzo la prima persona singolare e non quella plurale, parlo di cose anche intime, di cui per buona regola non dovrebbe fregare nulla a nessuno… Afeltra, tanto per fare un nome, non avrebbe approvato.
- Dopo le prime sette camicie sudate per crearlo, sono andato un po’ in stand-by per quanto riguarda gli aggiornamenti tecnologici, rifugiandomi nei contenuti, che poi è il mio pane quotidiano. Ciò non equivale, almeno nelle intenzioni, a una resa: prometto di tornare alla carica per imparare cose nuove.
- Sull’assenza dell’account Twitter ho ricevuto uno smacco. Così un account l’ho fatto (Giorgio20righe). Elena, sempre gentile, mi ha già inserito, ma se dicessi che ho capito a cosa serve o come funziona sarei falso. Mi sono ripromesso di capirlo, però qualche minuto non basta, almeno al sottoscritto. Attendo la prossima mezza giornata libera per tuffarmici a capofitto, nella speranza di non trovare un muro.
Potrei dilungarmi, non lo faccio. Per un misero mese di pratica ho già parlato troppo.