Mi ha portato un suo libro, l'ultimo, edito da Rizzoli, con una bella copertina di cartone e rilegatura in tela, intitolato "Mussolini L'ultima notte".
Mi ha chiesto anche una "bella penna" e scritto con essa quattro righe, accanto alla dedica ufficiale, indirizzata a un bel altro Giorgio (Bassani).
"A Giorgio Bardaglio
in ricordo di
una vecchia intervista
Gianni"
L'intervista in questione è quella dei "Personaggi del Corriere" e non posso dimenticarla, poiché fu la prima in assoluto di una lunga serie.
Era il novembre di dieci anni fa e Clerici era per me la voce del tennis e la penna di Repubblica, uno dei "grandi", di quelli che impari a leggere da piccolo e ti immagini già domiciliati nell'Olimpo.
Trascorsi insieme a lui due ore liete, d'una curiosità febbrile, in cui spesso non sapevo distinguere se lui fosse l'intervistatore o l'intervistato. Non presi appunti, quella volta. Lasciai tutto impresso nel nastro magnetico di un registratore e impiegai una mezza giornata a riascoltare e trascrivere il tutto.
Era la prima occasione concessami dal direttore di allora del Corriere, Adolfo Caldarini, di cimentarmi con qualcosa che non fosse la cronaca spiccia e sentivo la responsabilità del debutto.
Mi rinfrancò e mi diede speranza, una frase di Clerici che, poco prima di iniziare volle sapere di cosa si trattava e, una volta saputo che la sua era soltanto il primo di una serie di ritratti, mi disse sussurrando, come al solito: "Bella cosa, ho iniziato anch'io così".
Quella frase di buon augurio mi ha sempre accompagnato e anche se ormai i sogni han cominciato a impolverarsi, non gli sarò mai abbastanza grato dell'orizzonte luminoso che mi ha regalato.
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