venerdì 5 ottobre 2007

Volo d'aquila


"Recubans sub tegmine fagi". Riposano all'ombra di un ampio faggio, una citazione virgiliana che sento particolarmente mia innanzi tutto poiché la pianta a cui tengo più, nel mio giardino, è proprio un faggio. Un'ampio faggio, a cui una volta ho pure dedicato l'incipit di un articolo nella raccolta dei personaggi del Corriere.
E' sotto quel faggio che individuo il luogo ideale dove fermarmi, sostare, senza più correre, senza dover continuamente affrettarsi. Lì immagino di trascorrere i momenti migliori della vecchiaia o di disperdere le ceneri, quando sorte e morte non saranno soltanto una rima.
"Sub tegmine fagi" è dunque un luogo fisico, ma anche una categoria dello spirito. Un modo di relazionarsi con il mondo e di rapportarsi con la conoscenza.
In questi giorni, in cui scopro la vitalità e l'immensa ricchezza dei blog, più urgente sento il bisogno di una guida, di una bussola, di un metodo, per discernere, orientarmi, non naufragare.
Un volo d'aquila, questo occorrerebbe. La capacità di ergersi sopra le cose, con l'abilità di scrutare il vasto orizzonte e nel contempo di cogliere, a terra, ogni dettaglio.
Altrimenti ci si perde. Mi viene in mente quando leggo testi in inglese e non capisco assolutamente niente del senso di una frase, di un discorso, quando mi soffermo su ogni singola parola, sulle possibili varianti nella traduzione. Così come prendo grossi abbagli se bado solo al significato del contesto, tralasciando di comprendere l'esatto significato delle parole.
Un volo e un'occhio d'aquila, questo occorrerebbe.

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