Proseguendo nella serie "I post più pesanti del mondo" (temi grevi, lo so, ma a cui non so rinunciare) vorrei proporre pochi pensieri sull'argomento "Giustizia e informazione" lanciato da Mauro in un suo post, anzi in due.
Premesso di non avere verità in tasca e dichiarando di esser disposto a cambiare opinione, se le tesi altrui mi convincono, sostengo che in un mondo cambiato anche le regole debbano cambiare.
Mi spiego. Prendiamo le intercettazioni telefoniche. Per me non dovrebbero essere rese pubbliche, almeno fino al momento del processo.
Poco importa che riguardino Berlusconi o D'Alema, Fazio o Fiorani, Azouz Marzouk o Moggi.
Mi spiego. Prendiamo le intercettazioni telefoniche. Per me non dovrebbero essere rese pubbliche, almeno fino al momento del processo.
Poco importa che riguardino Berlusconi o D'Alema, Fazio o Fiorani, Azouz Marzouk o Moggi.
In un libro di Ravasi viene citata una frase tratta da "La vita in fiore" di Anatole France: "Non ho mai aperto una porta per errore, senza scoprire con sorpresa uno spettatore che mi ha fatto provare per l'umanità pietà o disgusto oppure orrore".
"Se alzi il velo sulle vicende umane, scopri tali miserie da rimanere abbacinato" commenta Ravasi ed è difficile dargli torto.
Dico spesso ad amici e parenti, che pur mi conoscono bene, che se dovessi essere intercettato potrebbe aprirsi un baratro tra ciò che reputano di me e l'immagine riflessa dai colloqui al telefono, soprattutto se si considera che la trascrizione letterale non può riportare tutti gli elementi del parlato (se il tono era serio o scherzoso, se quella tal frase era accompagnata da una risata o da un ghigno, ad esempio) e, ancor peggio, una frase estrapolata dal contesto che l'ha originata può apparire con un significato diverso se non opposto a quello reale.
Che lo strumento delle intercettazioni sia utile ai fini dell'indagine è innegabile, tuttavia pubblicarle (su un giornale o in televisione, ma anche su un blog) non è soltanto scandaloso, bensì aberrante, poiché il giudizio viene dato in anticipo, senza possibilità di difesa alcuna, e confondendo quasi sempre la sfera penale con quella morale.
Impedirlo mi sembra il minimo, per un paese che si dice civile.
Poi ci sarebbe da discutere anche sulla possibilità di rendere pubblici gli atti di un processo (comprese le intercettazioni) mentre il dibattimento è in corso. In questo caso il contrasto di colori tra i pro e i contro è meno netto, perciò prendo del tempo.
10 commenti:
IL problema è sfuggito di mano, una volta si pubblicavano le notizie dei fascicoli "segreti" del Tribunale, oggi le intercettazioni... come le pietre rotolanti sembra un'informazione che più che "formare" si fa trascinare ...
Anche se non condivido le “proposte” che metti sul piatto della bilancia credo di condividere lo spirito che anima queste proposte: intendo dire che solo chi ama davvero e crede davvero nel proprio lavoro può arrivare a mettersi in discussione in maniera così seria.
Sono le idealità tradite che parlano.
E comunque più ci penso e più mi convinco che non è introducendo una griglia rigida di nuove regole che questo modo di fare giornalismo può cambiare.
Ma è poi solo un problema dei giornalisti o parliamo anche dei magistrati, degli avvocati e delle forze dell’ordine e chi più ne ha più ne metta?
Quanti di questi soggetti fanno a gara (per le ragioni più disparate) per “vendere” le notizie ai giornalisti o comunque per guadagnarne un ritorno in immagine?
Ed ancora, pensando al problema “intercettazioni telefoniche” che tu sollevi, perché mai in una ordinanza cautelare (in cui si debbono indicare solo “gravi indizi di colpevolezza” e non ancora prove) debbono essere riportati stralci interi di intercettazioni telefoniche che, peraltro, nulla hanno a che vedere con il reato per cui si procede?
E questo ben sapendo che quelle intercettazioni proprio perché “incorporate” in una ordinanza di custodia che sarà notificata all’interessato non saranno più coperte da segreto istruttorio e potranno quindi essere pubblicate?
Ma questo non comporta di fatto una sostanziale violazione delle regole processuali ed in particolare dell’art. 269 che prevede che la parte interessata, a tutela della riservatezza possa chiedere al giudice la distruzione di quelle registrazioni che non si rivelino necessarie per il procedimento?
Spero di riuscire ad organizzare meglio il mio pensiero nei prossimi giorni in un post.
Come vedi anche io so essere molto dura se…….. mi guardo dentro.
Più che "post pesanti" scrivi post interessanti, che stimolano sempre dibattiti che nel nostro ambiente si aprono raramente.
Su questo argomento - come te - non ho la verità in tasca e sono piuttosto combattuto.
Da una parte mi rendo conto che pubblicare un'intercettazione (o un qualsiasi documento processuale, aggiungerei) prima di una sentenza, potrebbe significare condannare in anticipo una persona.
D'altra parte, credo profondamente che la stampa abbia il dovere di raccontare vita morte e miracoli dei personaggi pubblici - soprattutto esponenti politici - perchè i cittadini hanno il diritto di sapere da chi sono governati, indipendentemente dagli aspetti penali.
Soprattutto se la diffusione della notizia mette in evidenza comportamenti contraddittori rispetto alla condotta politica.
Faccio un esempio? Se un deputato decide di pagare una prostituta, non abbiamo alcun diritto di raccontarlo al mondo.
Ma se quel deputato fa della difesa della famiglia e della moralità il suo cavallo di battaglia, beh, credo che i cittadini debbano essere avvertiti.
Aggiungerei: se vengono fuori le prove che i dirigenti di Rai e Mediaset concordavano i palinsesti e bloccavano le notizie, è giusto che lo sappiano tutti.
Ma il discorso sarebbe lunghissimo.
Per ora mi fermo qui.
...molto interessante il blog della commentatrice che mi ha preceduto...
Mi sembra che ci metta un po' sotto processo Giorgio!
:D
Lo leggerò con molto piacere.
Questo ambiente comincia a farsi interessante.
@sir drake
Non vederla così.
Mi piace l'idea che si abbia il coraggio e la voglia di dire ciò che non va fuori da noi ma anche dentro di noi: ad esempio quanto ho commentato qui mette un pò sotto processo chi i processi li fa.
Concordo con te quando dici che l'ambiente comincia a farsi stimolante perchè si parla da punti di osservazione completamente diversi
@ Luisa: apprezzo che tu non condivida le proposte che ho messo sul piatto (libertà di pensiero e schiettezza, due stelle polari nei "desiderata" di questo blog), ma ti chiedo: come se ne esce? Non so se "nuove" o "vecchie", però regole devono esserci.
Regole chiare non mortificano deontologia professionale e coscienza personale, bensì ne sono premessa e garanzia.
@ Sir Drake: che i politici tendano ad avere una doppia morale, tra principi pubblici enunciati e condotta privata, non c'è bisogno di scoprirlo con le intercettazioni. Però mi rendo conto che non posso chiudere la faccenda con quest'ovvietà, per cui prometto di pensarci. Nel frattempo, metto sul piatto una riflessione: spesso, anche quando la doppia morale è dimostrata, gli elettori finiscono con il premiare chi predica bene e razzola male. Anzi, talvolta lo premiano ancor di più. Misteri della democrazia...
Mi chiedi come uscirne se non con regole nuove.
Io penso, invece, e mi riferisco sempre allo specifico ambito della cronaca giudiziaria, che le leggi che regolamentano il settore già ci sono, semplicemente non vengono rispettate ed, inoltre, rispettarle non basta.
Intendo dire che nel settore non è certo condivisa la cultura della legalità poiché tutti ci siamo assuefatti all’idea che il rispetto delle leggi è un “optional”.
Ed in ogni caso essere rispettosi delle leggi potrà servire a non rispondere né civilmente né penalmente della pubblicazione di una notizia ma non basta: una notizia di cronaca giudiziaria può essere vera, di interesse pubblico ed espressa con continenza ma costituire ugualmente un pregiudizio per le indagini in corso, oppure giocare con la reputazione, la sicurezza, l’incolumità, l’onore delle persone coinvolte.
Abbiamo parlato, ad esempio, di pubblicazione del contenuto di intercettazioni telefoniche: ma chi si ricorda più che fino alla chiusura delle indagini preliminari vige per legge il divieto di pubblicazione sia degli atti che del contenuto degli atti ? (art. 114 e 329 c.p.p.)
Non è forse vero che nella quasi totalità dei casi i giornalisti pubblicano interi stralci di conversazioni intercettate quando le indagini sono ai loro esordi?
Non è forse vero che la cd. “fuga di notizie” trova sponda negli interessi più disparati degli operatori della giustizia che per ragioni di ritorno in immagine o addirittura di lucro letteralmente svendono tali notizie benché tale comportamento sia sanzionato penalmente? (art. 326 c.p.)
Credo che le conseguenze più nefaste vadano ricondotte alla mancanza di assunzione di responsabilità, di etica, di correttezza, alla mancata attuazione di prassi che garantiscano ai giornalisti l’accesso costante alle notizie a cui hanno diritto di accedere (solo così si può affievolire il mercato nero delle notizie).
A parte ciò qualsiasi nuova legge o regola avrebbe come unica conseguenza quella di limitare il diritto di informazione e formazione del cittadino e non sarebbe comunque sufficiente ad eliminare il rischio di degenerazioni.
Intendo dire che da questo punto di vista le “imperfezioni” del sistema processuale sono talmente tante che ogni limite rischia di potere essere agevolmente aggirato: l’informazione di garanzia, la misura cautelare, il riesame cautelare sono istituti ineludibili posti dal codice di procedura a garanzia dell’indagato che non può non essere messo a conoscenza di alcune attività fondamentali.
Quando ciò accade viene meno l’obbligo del segreto ed il conseguente divieto di pubblicazione anche se le indagini preliminari non si sono concluse ma sta al giornalista valutare se in nome di altri interessi in gioco sia giusto o meno dare in pasto a tutti una certa notizia.
@ Luisa: come ho scritto anche nel post odierno, mi hai convinto. Dico davvero. Posso anche capire che, dal tuo punto di osservazione, ogni metter mano alle regole presenti il rischio di peggiorare la situazione già precaria, invece di migliorarla. Mi riservo un unico aspetto da approfondire, che è questo: il mondo cambia, quello dell'informazione di più; regole scritte anni fa, funzionali a quei mezzi di comunicazione di massa, sono tuttora valide? O necessiterebbero di un ripensamento, anche correndo rischi e non soltanto cogliendo opportunità?
Il tuo ragionamento tuttavia mi ha costretto a pensare, cambiando punto di osservazione. Se prima ero per il cambiamento come necessità, ora ne intravedo i limiti e mi riprometto innanzi tutto cautela e prudenza.
Sono giornate troppo intense per potermi fermare come vorrei sulle questioni che poni.
Prometto che mi rifarò presto.
Grazie comunque per avere intrapreso questo percorso di cofronto e scambio.
Noto con piacere che l'argomento, anche in aggiunta alle persone che hanno espresso un commento scritto, interessa. Ne parlava ieri Mauro Miglia con Moretti, che dal 7 gennaio firmerà per "La Provincia" al posto di Galimenrti, che se n'è andato al Sole 24 Ore. Stimandolo come una persona sensibile, oltre che professionista capace, mi piacerebbe che proponesse la sua opinione.
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