Un martellata sull'alluce sinistro. Un calcio con le scarpe da tip tap nello stinco destro. Sei baci di fila con lo schiocco e il fischio nell'orecchio, destro o sinistro. Il solletico sotto i piedi. Bere di fila due bicchieri di Fernet da un quarto di litro. Sentire un discorso di Casini alla direzione nazionale dell'Udc. Aprire il frigorifero e trovarlo pieno di taleggio. Mordermi la lingua senza accorgermi. Una spruzzatina di limone nell'occhio. Lo spigolo di una porta semi aperta sulla fronte, di notte, al buio, mentre corro in bagno.
Accetteri questo e molto altro pur di non partecipare a una festa anni Settanta.
Lo scrivo perché ce n'è stata una qualche giorno fa, a Como. E c'erano molte persone che conosco, seppur la maggior parte soltanto di vista oppure grazie a Internet, su Facebook.
C'erano gli amici del mio amico Nenci. E c'era Valentina, una delle ragazze più belle e solari che abbia mai incontrato. E Luana, che anche se lei non lo ammette è tale e quale all'attrice protagonista di Csi New York. Tantissime altre donne e uomini, giovani e "quasi giovani", chiamati a raccolta dagli utili pazzi di ComOn. Sono felice per loro, mi piacciono le persone che ballano, ridono, si divertono. Nel panorama grigio fumo di Como è uno squarcio di giallo che fa bene al cuore, porta aria fresca in giardino.
Se non partecipo alle feste anni Settanta (neanche alle altre, per la verità, ma a quelle anni Settanta in particolare) non è soltanto perché sono pigro. C'è un motivo ben preciso, che non ho mai detto a nessuno se non a Mauro e forse a Marco. Ed è questo: l'unica volta in cui ho partecipato, quando ho suonato al campanello mi ha aperto la porta Elisa, una delle amiche più belle che ho tuttora, con due occhi blu e un sorriso da far invidia a un'attrice di Hollywood. In testa però aveva una parrucca di riccioli neri, stile O.J. Simpson in "Una pallottola spuntata 2 -L'odore della paura" che la faceva sembrare tale e quale alla Mamy di "Via col vento". C'ero rimasto troppo male. Non gliel'ho mai detto. Lo faccio ora, confessandolo in pubblico. Da allora l'ho giurato: no mas, mai più. Specie se aggiunto al fatto che nei veri anni Settanta mi costringevano ad indossare osceni calzoni marroni di lana, che davano un sacco di prurito.
Quel tempo lo ricordo volentieri purché rimanga così: un ricordo. Per la febbre del sabato sera mi sono già vaccinato da piccolo.
Foto by Leonora
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