Avrei voluto parlare di lavoro oggi. Avrei voluto parlare di informazione, di notizie, di blog e di come il giornalismo cambia e come il cambiamento mi inquieta ma assai di più mi affascina, spingendomi a migliorare, a riflettere, a riprogettare tempi e modi di questo mestiere. Avrei voluto, ma non lo faccio, perché dieci minuti fa mi è arrivato un sms dall'amico Paolo Taborelli, con scritte solo tre parole: "Flavio è morto".
Flavio Aliverti, per tutti quelli che non lo conoscono, aveva 36 anni, era cresciuto con me all'oratorio, mio vicino di casa. Aveva un cancro.
Ora è facile, come accade in questi casi, parlarne bene, ma di lui lo è sempre stato, poiché era un ragazzo mite, senza grilli per la testa, capace di farsi rispettare senza mai dover alzare la voce.
Ricordo tanti momenti insieme e anche lo sconforto di suo padre, che dopo avergli lasciato le redini dell'azienda di famiglia, era tornato ad occuparsene in prima persona, per dare tempo al figlio di curarsi.
Le campane che suonavano a lutto, stamattina, hanno chiuso quel tempo, non l'affetto che abbiamo per lui, e mi dispiace non avere avuto il coraggio di dirglielo prima che fosse troppo tardi.
4 commenti:
Sono sicura che Flavio conosceva l'affetto che provavi per lui, perchè non c'è bisogno di parole, quando ci sono sentimenti come i tuoi ;)
Mi hai fatto venire i brividi...ciao Flavio anche da parte mia
francescomisc
Ciao Flavio, hai lasciato un vuoto incredibile, anche se da anni non ci frequentavamo piu...
Ciao Claudio. Non ci sono parole per quello che è successo, ma mi ha fatto piacere quando ho visto te, oggi, al funerale, e tanti altri di noi, con cui sono stato ragazzo e che da tempo non vedo (penso a Gianni Briccola, all'Umberto taborelli, al Moreno, e davvero a tutti quanti c'erano...).
A differenza delle persone più anziane, che non perdono occasione per chiacchierare, eravamo tutti in silenzio, come quando si resta davvero attoniti, senza parole, di fronte a un fatto senza senso, com'è morire a trent'anni.
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