Se n’è andato dieci giorni fa, una domenica, nel giorno della sua rubrica. Angelo Curtoni mi ha dato molto e in cambio chiedeva soltanto un caffè. L’occasione per scambiare due chiacchiere, il sabato d’ogni settimana, giusto il tempo di controllare che il suo pezzo fosse arrivato e che nel metterlo in pagina non gli avessero tolto tutti gli "a capo".
E' stato il mio primo direttore, quando non avevo ancora vent'anni e già un tarlo per questo mestiere di carta e penna. Mi presentai da lui in compagnia del mio compagno di classe del liceo, Mauro Colombo, e venni ricevuto in una redazione ricavata da un negozio, in via Carloni. Allora dirigeva un settimanale, "La Gazzetta di Como" e ci permise di seguire la Pallacanestro Cantù. Al suo fianco c'era già Francesco Angelini, che ora è qui a La Provincia e martedì' scorso ha ricordato Curtoni nel rito funebre, come meglio non si poteva. Qua aggiungo due ricordi privati. Il primo legato a una soddisfazione professionale, allorché mi mandò a seguire il Calcio Como e me ne tornai con un ritratto al vetriolo dell'allora allenatore, Rino Marchesi e di quel mondo nel pallone che già allora conteneva il seme del "gigantismo" diventato ora pianta stabile: "E' un bel pezzo" commentò, senza guardarmi in faccia. Il secondo riguardo l'essere diventato io stesso soggetto di un suo editoriale, in cui si dileggiavano moda e abiti sgargianti dei giovani di allora. Fu in quell'occasione che mi affibbiò il titolo che Tacito attribuì a suo tempo a Petronio, cioè "arbiter elegantiarum", arbitro di raffinatezza. Un modo lieve di prendermi in giro, che volle rimarcare nella dedica del libro che raccoglieva la crema dei suoi commenti ("La portatile rossa"). Per anni lo abbiamo perso di vista, salvo incontrarci talvolta in centro città e scambiarci qualche battuta di circostanza. Al mio arrivo qua a La Provincia, un anno fa (a propoposito, oggi è proprio un anno giusto giusto che lavoro qui) l'ho ritrovato. Ogni settimana mandava un suo pezzo, per la rubrica "Settima colonna" e al sabato, regolarmente, si presentava in redazione, facendosi offrire un caffè e cogliendo l'occasione per parlare di giornali, ma soprattutto di vita, di sua figlia, dei nipoti. E' stato in un sabato di quelli che ha fatto al giornale dove lavoro il complimento più bello. "Giorgio - mi disse - in tanti anni che collaboro con La Provincia, mai che mi abbiano chiesto di cambiare una virgola a quello che avevo scritto, e a volte ho usato davvero la clava". Alla chiacchiera Angelo Curtoni preferiva la parola scritta ed era meticoloso nella lingua italiana quanto fulmineo nella battuta, nel cogliere al volo ogni spunto d’ironia. Negli ultimi anni una saggezza d’uomo buono gli aveva smussato gli spigoli del cronista di razza. Non aveva una bandiera, se non quella di ragionare con la propria testa e di sbagliare, sì, ma mai per conto terzi. Una lezione di giornalismo, uno stile di vita. Non lo dimenticheremo.
Foto by Leonora
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