Corro comunque il rischio per una buona causa, riassunta oggi da Giorgio Gandola (qui il suo editoriale): "A Como riparte la battaglia di civiltà per rivedere il lago da piazza Cavour. Dopo otto anni e per merito del giornale La Provincia. Come ai vecchi tempi, quando il cane Pluto scoprì la malefatta. I lettori sono invitati a firmare una cartolina inserita nel quotidiano - martedì, giovedì e domenica - e a consegnarla all'edicola per coinvolgere Renzi. Per abbattere i muri serve sempre una spallata".
Conosco bene l'argomento, non mi dilungherò raccontando nel dettaglio il giorno in cui Innocente Proverbio scrisse al giornale dicendo che avevano costruito un muro (la lettera arrivò sulla scrivania di Pietro Berra che lo richiamò per accertarsi che con un nome così non si trattasse di uno scherzo). Non aggiungerò nulla sul sabato in redazione quando venne il momento di pubblicare le migliaia di nomi e cognomi di comaschi che avevano scritto al giornale chiedendo di abbatterlo (verso le sette di sera il capo redattore Francesco Angelini e il manipolo di valorosi in Cronaca non erano ancora certi di riuscire a metterli in pagina tutti, quei nomi). Non occorre neppure ricordare il lavoro che l'intera redazione svolse per settimane (un grazie però lo meritano Emilio Frigerio, Stefano Ferrari, Gisella Roncoroni, Paolo Moretti, lo stesso Pietro Berra, Anna Savini, insieme con Michele Sada, Dario Alemanno e Alessio Brunialti).
Ricordo tutto questo e molto altro, ma domani compilerò la cartolina de La Provincia per un motivo più banale, concreto: il danno che il progetto funesto delle paratie ha causato al di fuori di Como.
Ne ebbi completa consapevolezza un paio di settimane dopo essere arrivato alla direzione del Cittadino di Monza, quando a quello che consideravo un buffetto rispose incrociando i guantoni da pugilato l'allora prima cittadino brianzolo. Della gragnuola di epiteti incassati, soltanto uno mi mise in crisi davvero. Fu quando mi sentii dire a bruciapelo: "Ma cosa volete insegnare voi comaschi, che avete costruito il muro!".
"Io il muro non l'ho costruito" avrei voluto rispondere, "io sono uno di quei giornalisti e di quei comaschi che il muro l'ha fermato!". Invece stetti zitto. Perché tutti i torti quel sindaco non li aveva, un po' in colpa mi sentivo davvero, avendo fatto molto ma non abbastanza per impedire quello scempio.
Quattro anni dopo siamo ancora qua, fermi come il palo della banda dell'Ortica che "per sentirci ci sentiva poco o niente ma per vederci non ci vedeva un accident". Non so se compilare una cartolina servirà, non so se Renzi ascolterà, non so se potrà combinare qualcosa più del nulla di chi finora ha messo mano, per quello che importa però io ci sono. Con le prime firme abbiamo bloccato il muro, con queste speriamo venga restituito alla città il lago.
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