Oggi resto così, oggi riesco a dire nulla, oggi non posso neppure immaginare il dolore di Filippo, Arianna, Enrico, di Rossana. Un terremoto che sconquassa, un cielo nero che ammanta ogni cosa, un lama affilata che incide il petto e resta conficcata.
Non ti sono mai stato così intimo, né voglio sembrarlo ora, però ti conoscevo, soprattutto provavo per te affetto, simpatia, persino un po' di invidia, anche se l'invidia è il peccato che mi appartiene meno e sarebbe più corretto definirla ammirazione, stima.
Per venticinque anni - da che ci siamo incontrati la prima volta - ho considerato la tua famiglia "gemella" alla mia, per il tipo di coppia, per i figli avuti quasi in sincronia, anche se nelle fotografie voi siete sempre venuti meglio, un quadro che era per me una meraviglia e mi ha sempre fatto sentire un po' "sgaruppato", come se tra le doti tu avessi in più lo stile, l'eleganza.
Lo stile. Per me lo stile è e rimarrà sempre la tua cifra. Per le montature degli occhiali, per il modo di vestirti, per la postura del corpo, per il garbo con cui glissavi le cattiverie, per la dignità con cui affrontavi il male, la sfortuna.
Un'unica consolazione mi rimane: quella di ricordarti per sempre così, giovane, unita alla certezza che i tuoi figli porteranno fieri il testimone della tua presenza sulla terra.
Buon viaggio Alberto e scusa se ho avuto il coraggio di dirti il buono che pensavo di te soltanto quando ormai si intuiva "oltre il fumo umido del nebbione che ci avvolge, rosso, il disco della tua stazione".
1 commento:
Grazie!
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