I brividi vengono dal sentimento, dall'osservarti preciso, solerte, giudizioso, mentre svolgi un compito che nessuno ti ha chiesto, che ti sei auto assegnato, mostrando spirito di intraprendenza da ragazzino, abbinato a meticolosità e ostinazione da adulto.
L'unico merito, se possono ascrivermene uno, è quello di aver imitato mio padre, che mi dava fiducia, che lasciava mi mettessi alla prova con tutto, non tenendosi la parte più interessante con la scusa che ero un bimbo.
Sono sprazzi, non voglio vincolarti alla reiterazione costante dell'impegno, non resterò deluso se domani non vorrai continuare ciò che hai completato ieri e oggi, poiché so che a dodici anni ci si stanca con la medesima velocità con cui ci si mette alla prova su tutto.
Anche così, pure se tornerai a interessarti del cellulare o della playstation più delle faccende in giardino, so che quel contatto ti ha segnato, che il lavorare la terra, prendersene cura, è stato piantare un seme nel tuo, d'un giardino, quello interiore, che richiama inconsciamente a qualcosa di utile, gioioso, buono.
E quando sarai adulto, dimentico di me e del ragazzo che sei stato, sentendo il profumo delle foglie d'autunno o la sensazione del terriccio sul polpastrelli, lo assocerai a un momento felice, un istante in cui gli altri ti hanno guardato con ammirazione e tu sei andato a letto la sera sereno, con una pace dentro, dovuta all'aver portato a termine, bene, un lavoro.
Quel giorno forse un brivido lo sentirai, ma ancora una volta non sarà per il freddo.
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