Vicino, troppo vicino mi sei, perché io possa dare sbocco a tanto dolore, a una pena infinita che ha afflitto la nostra famiglia, drenando in questi mesi leggerezza e pace interiore.
Uso il verbo presente, non il passato, perché è così che ti sento, Loris, che ti sentirò sempre.
Nei mesi scorsi ho cercato spesso conforto, facendo memoria di persone care, raccontando vicende di addii e dolore. Ogni volta, devi saperlo, eri tu che avevo nel cuore, era il dispiacere per ciò che stava capitando che faceva da spunto, binario e motore.
Per riguardo non potevo condividere pienamente l'angoscia, la preoccupazione, ci limitavamo entrambi al non detto, alla comprensione reciproca e silenziosa, all'allusione: così il lutto altrui è diventato lo specchio in cui si sbircia Medusa, per guardare in faccia la sofferenza senza diventare in pietre.
Perdonami se con te, proprio con te, non riesco a esser bravo quanto vorrei, a raccontarti degnamente.
Vicino, troppo vicino ti ho, per riassumere in poche righe chi sei, quanto per la nostra famiglia rappresenti, marito, fratello, cognato, cugino, padre.
Scelgo la parola "amico" perché le riassume tutte e non fa differenze.
Con la tua compostezza, la tua serietà, ch'era a volte come una maschera, indossata d'abitudine e che rendeva per contrasto splendenti le occasioni in cui ridevi.
Con le tue mani laboriose, che riuscivano a far tutto e a tutti: non c'è casa delle nostre che non contenga memoria di te, in uno scaffale, una parete di pietra, un impianto d'allarme, cornici, prese, pannelli, tubazioni, quadri (persino qui a Bergamo, ho una farfalla ad ali spiegate, in metallo lucido, che avevi detto non essere riuscita bene, ma a me pare perfetta, anche ora, che la guardo con nostalgia e attenzione).
Con le tue parole, soprattutto. Rare, preziose, che ogni volta parevano distillate, mai banali, sempre argute.
Proprio con qualcuna di queste - che mi hai mandato qualche mese fa - voglio salutarti.
Senza dirti addio, ma arrivederci.
"Ci sono stati giorni in cui vedevo più buio che luce davanti a me e in quei giorni mi sono rammaricato delle cose che avrei potuto fare nei tempi passati, cose semplici tipo un week-end lungo, una cena al ristorante, una sera a teatro, qualsiasi cosa occupasse il tempo insieme alle persone care, poche o tante, agli amici... Quelle cose che spesso rinvii e poi non fai più per ragioni che solo ora hanno assunto un altro valore nella graduatoria delle priorità (il lavoro, la pigrizia, i soldi...).
Se il destino vorrà essere benevolo ecco, quello è il mio buon proposito: cercare di sfruttare il tempo per arricchire l'anima e il corpo di quei piaceri che la vita ti offre, anche una semplice camminata nel bosco o in riva al lago parlando del più e del meno. Piaceri, persone care, possibilità non scontate per tutti e che sono una fortuna, un peccato se vivessimo senza approfittarne".
P.S. Il destino - a differenza di quanto auspicavi - non è stato benevolo con te, che sei stato per la nostra generazione ciò che tuo suocero è stato per la sua: un'apripista, colui che "porta il lume e a sé non giova ma dietro sé fa le persone dotte".
Tocca a noi ora dimostrare che non sei vissuto invano, imparare la lezione.
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